di Patrizia Caiffa – Il riscatto dei giovani del rione Sanità, a Napoli, passa attraverso l’arte e la cultura. E’ stato grazie alla visione profetica di don Antonio Loffredo che nel 2006, insieme ad un gruppo di giovani volontari, decidono di fondare insieme la cooperativa sociale La paranza, che gestisce le Catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso.
Dell’opera di don Loffredo, parroco della chiesa di Santa Maria della Sanità per 20 anni se ne è parlato tanto sui giornali e in tv, e un riferimento al suo personaggio è perfino al cinema nel film “Nostalgia” di Mario Martone, con Pierfrancesco Favino.
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Nel 2008 la cooperativa si aggiudica un bando di 500.000 euro finanziato dalla Fondazione Con il Sud, da investire in un bene culturale in stato di degrado: i ragazzi scelgono le catacombe di San Gennaro, che ricadono nella giurisdizione della parrocchia di Santa Maria della Sanità.
I giovani si rimboccano le maniche e con quei soldi riescono a trasformare un luogo abbandonato in una opportunità di lavoro per tanti, sottraendo manovalanza alla criminalità organizzata. Riqualificano un quartiere che prima era simbolo di camorra, spaccio, rapine e degrado.
Il turismo esplode: il primo anno di apertura delle catacombe arrivano i primi 4.000 visitatori, lo scorso anno sono stati oltre 260.000.

Negli anni la cooperativa La Paranza ha valorizzato anche il percorso del Miglio Sacro, la Basilica di San Severo, il Cimitero delle Fontanelle. Il giro d’affari annuo è di quasi 33 milioni di euro (dati 2021). Impiegano una quarantina di giovani che oggi vanno fieri del loro quartiere.
Sono loro stessi a fare da guida all’interno delle catacombe:
quella di San Gennaro è più spettacolare e grandiosa, quelle di San Gaudioso ricche di particolari. Entrambe veramente suggestive.
La storia del famoso santo napoletano viene narrata dai ragazzi nei dettagli: Gennaro è un vescovo di origine nordafricana o calabrese che morì martire a Pozzuoli. Venne decapitato il 19 settembre 305 d.c.. In quell’occasione una pia donna di nome Eusebia raccolse il sangue nelle ampolle, da cui il noto miracolo dello scioglimento che si rinnova con grande enfasi ogni anno. La tomba del santo però non è più nelle catacombe ma al Duomo di Napoli.
Quando si entra nelle catacombe si rimane colpiti dall’ampiezza delle sale, con tombe alle pareti scavate dai fossores nel tufo giallo. Il luogo veniva utilizzato non solo per le sepolture ma anche come basilica. Nei dipinti appaiono immagini di Adamo ed Eva, di Davide e Golia, con simboli pagani come l’uva, che poi i cristiani hanno ripreso per spiegare la nuova e complessa religione. In un affresco si vedono tre donne costruire una torre, che rappresenta la Chiesa, con i battesimi dei pagani.
Nel secondo livello c’è un fonte battesimale costruito successivamente, insieme ad una chiesa. Sant’Agrippino è il primo a cui la catacomba viene dedicata.

Lo stesso biglietto permette di visitare anche le catacombe di San Gaudioso, passando per vitali scorci dei bassi del rione Sanità. Qui le strade sono nate su antichi letti di fiume e la toponomastica lo ricorda: via Arena, via Canalone, ecc.
La visita alle catacombe di San Gaudioso inizia dalla basilica barocca di Santa Maria della Sanità, che ingloba perfino una parte del famoso Ponte della Sanità: una volta al posto dell’altare c’erano una stalla e una casa colonica.

Qui si trova la più antica immagine mariana in Campania, quella appunto che “sanava con i miracoli”. I domenicani resero questa chiesa una isola monastica, anche se sono ricordati a Napoli più per il loro ruolo di inquisitori piuttosto che di predicatori, teologi e filosofi. Vennero sfrattati più avanti dalle truppe napoleoniche, poi vi abitarono i francescani e ora è gestita dai preti diocesani.
La chiesa venne progettata da fra Nuvolo ed è l’unica a Napoli a cinque navate, con ben dodici cupole e quindici altari laterali. Qui hanno lavorato i più grandi artisti del 1600, tra cui Luca Giordano e Pacecco De Rosa.

Tra i simboli più ricorrenti vi sono teschi e ossa di braccia e gambe, a ricordare il memento mori. E la morte è ben presente, ovviamente, nelle catacombe. A San Gaudioso si possono vedere diverse tipologie di tombe, tra cui loculi e stanze chiamate cubiculum. I corpi venivano cosparsi di olio, bendati e tumulati.
Gaudioso era un vescovo vissuto in Tunisia nel V secolo d.c.
Mal visto in patria per la sua fede venne messo nudo su una zattera nel Mediterraneo insieme ad altri esuli. Riuscì ad approdare a Napoli, dove fondò un monastero.
In queste catacombe colpisce il putridarium, chiamato anche “colatoio dei morti“: in queste nicchie lungo le pareti venivano collocati i defunti seduti. Sotto c’era un ampio foro centrale e un vaso per il deflusso e la raccolta degli umori e dei resti in via di decomposizione.

I teschi e le ossa dei nobili venivano poi esposti in una galleria, una pratica presente soprattutto nel Sud e nel Centro Italia. Tra loro anche l’artista Giovanni Balducci: non venne pagato per il suo lavoro ma ottenne qui in cambio una degna sepoltura.
Un paio di curiosità: in questa chiesa il grande Totò fece il chierichetto. Le catacombe, ovviamente, sono il luogo più adatto per ricordare il famoso passaggio della sua poesia ‘A Livella:
“Cca dinto, o vvuo capì, ca simmo eguale? Muorto si tu e muorto so’ pur’io; ognuno comme a n’ato è tale e quale”.

Nella sacrestia, invece, padre Loffredo avviò corsi di boxe per coinvolgere i giovani. Ora si tengono in un’altra sede, in collaborazione della Polizia di Stato.
E’ di questi giorni la notizia che il lavoro della cooperativa La Paranza è stato inserito nel primo Atlante delle Imprese Culturali e Creative in Italia, edito dall’Enciclopedia Italiana Treccani, che analizza le attività culturali e creative legate alla produzione della bellezza in tutti i contesti artistici, economici e sociali.
Info e biglietti: Catacombe di Napoli