di Agnese Malatesta – Sono tornati i colori sulla pianura di Castelluccio di Norcia. Rosso giallo blu verde viola, in un alternarsi di armoniche geometrie, campeggiano sull’altopiano che, senza timore di essere smentiti, è il più suggestivo d’Italia, a 1500 metri di altitudine.
Un condensato di pura bellezza che rapisce l’animo e riempie di leggerezza ogni pensiero. Tutto, a pochi chilometri da Norcia, in provincia di Perugia.
La fioritura, che annuncia il raccolto della pregiata lenticchia, e che come ogni anno fra la fine di giugno e la metà di luglio diventa spettacolo unico e suggestivo, esalta una natura già generosa in qualunque periodo dell’anno.
Salendo da Norcia, fatti gli ultimi tornanti, si supera l’estremo crinale e compare la piana, calata nel Parco Nazionale dei Sibillini dove spicca il Monte Vettore. Le cime la circondano come fosse una corona, tanto da riconoscerle una preziosità ed una regalità uniche.
Ed è lì, su quel crinale, che il respiro tentenna: si apre uno spazio irreale, il tempo sembra fermarsi. Giù in fondo, sulla cima di una collinetta, il paese, Castelluccio, unica testimonianza umana in tanta magia naturale. La distesa multicolore di questo periodo aggiunge poesia a poesia.
La ‘fioritura della lenticchia’, così come viene chiamata, richiama tanti turisti. Troppi. Troppo caos. Troppo traffico. Tanto da spingere – decisione di questi ultimi giorni – l’amministrazione locale a rendere le macchine off limits nei prossimi due fine settimana. Ammesse solo bici e moto. Chi vuole godere del panorama dovrà adattarsi con navette in partenza da Norcia o dirottare la gita nei giorni infrasettimanali.
Decine di migliaia i visitatori giunti da ogni parte d’Italia che si sono affollati in questo periodo lungo i campi fioriti per scattare foto, per un selfie o per fare una passeggiata lungo i percorsi della piana o dei boschi. O anche per immortalare l’’Italia’ disegnata dagli alberi lungo un pendio dei monti.
Per Castelluccio, detto anche ‘tetto dell’Umbria’ e la cui nascita viene fatta risalire intorno al XIII secolo, c’è un prima e un dopo. Prima e dopo il terremoto del 2016.
Quelle scosse hanno distrutto il paese. Ancora oggi, le macerie delle case crollate sono tutte lì: è zona rossa, nessuno può entrare in quello che una volta era lo storico borgo.
Le poche decine di abitanti sono sfollate e ciò che resta, ed è vitale, è l’attività commerciale dei tipici prodotti alimentari che ha potuto riprendere, a margine dei confini delle case crollate e delle macerie, sia lungo la strada in casette prefabbricate o in una struttura appositamente costruita che raggruppa trattorie e locali preesistenti.
Seppure scappa una lacrima di commozione a ricordare com’era, quand’era intatto quel piccolo paese, non si perde comunque il piacere di un respiro di fronte al panorama da mozzafiato.
Gustare una zuppa di lenticchie o un salume del posto contribuisce all’alleggerimento dello stato d’animo.
Nell’attesa che l’uomo faccia la sua parte e ricostruisca Castelluccio, la natura fa il suo corso. Centinaia di specie di fiori continuano a sbocciare nella piana. Violette, narcisi, papaveri, genziane, ranuncoli.
Per deliziarci ogni volta.