(reportage di Patrizia Caiffa da L’Avana, ottobre 2015) – Cuba non è solo Che Guevara, Fidel Castro, la revolucion, hasta la victoria siempre, belle ragazze disponibili, spiagge bianche e mojito. Non è solo il fascino decadente delle case e delle automobili dell’Avana, il profumo del mare al Malecon, le memorie di Hemingway o Greene, la Bodeguita del medio o l’Hotel Habana Libre, la salsa, i son, i boleros. Ovvero. E’ tutto questo, ma anche di più.
Mi piace pensare a Cuba ricordando il corazòn dei cubani. Il cuore e la dignità di un popolo che per alcuni è un mito vittorioso della storia, per altri solo la vittima di un sistema pieno di contraddizioni e restrizioni, al potere da oltre mezzo secolo. Che ora, con il processo Usa-Cuba di distensione in atto, promette aperture. Con il rischio di perdere la propria identità se non è attento a non lasciarsi sopraffare dall’avanzata della globalizzazione e dall’ingresso di flussi di denaro (anche sporco) che inevitabilmente affluirà.

Se si rimane in superficie si vede solo la bellezza di quest’isola meravigliosa dei Caraibi, la spettacolare propaganda della rivoluzione e i tanti confort esclusivi per turisti. Si può anche non accorgersi del doppio binario dell’economia che costringe i cubani ad inventare in continuazione espedienti creativi per sbarcare il lunario.
A parte l’ottimo sistema educativo e sanitario – l’istruzione e la sanità sono gratuite per tutti – l’enorme divario tra salario medio e costo della vita a Cuba è abbastanza noto: i cubani vengono pagati in pesos cubani per una cifra mensile pari a 10/20 dollari, un meccanismo egualitario che fa sì che un medico o un insegnante siano pagati quasi come un operaio.
A meno che, come accade in alcuni casi, non sia previsto un doppio salario: una parte in pesos cubani e una parte in Cuc (1 Cuc o peso convertible è pari ad un dollaro e a circa 24 pesos cubani). Per cui la lotta quotidiana della maggior parte dei cubani è tentare di accaparrare il più possibile i preziosi Cuc, la divisa utilizzata dai turisti. Nei modi più disparati. Utilizzare vecchie automobili come taxi particular, affittare o subaffittare stanze, creare un circuito di mercato nero di molti beni di uso quotidiano che consentano di “fare la cresta” sui prezzi. Per non parlare di piccole forme di corruzione e illegalità diffusa.
Un esempio? Serve una colla o una vernice per i lavori di ristrutturazione di casa? Nei negozi, già normalmente sguarniti per via del bloqueo (il decennale embargo imposto dagli Stati Uniti) improvvisamente non c’è più un barattolo di colla. Si scopre che qualcuno, in maniera lungimirante, ha acquistato tutta la fornitura, per poi rivenderla, a casa sua, a costo maggiorato.
Ma c’è di peggio. Oltre alla notoria attività di prostituzione di molte donne, anche madri di famiglia, alcuni anni fa, all’orario di uscita dalle fabbriche, sostavano ai bordi delle principali strade decine di operai che rivendevano il misero panino del pranzo per pochi pesos, in modo da portare a casa un po’ di frutta in più per i bambini.
Ogni giorno il cubano medio affronta la sua battaglia quotidiana per mettere insieme il pranzo e la cena con quello che c’è. Il sistema garantisce a ciascuno la famosa “libreta”, una tessera mensile che dà diritto a 6 uova, riso e altri (pochi) beni alimentari. Le donne dicono che non basta per più di tre giorni. Sulla mensa del giorno è già buono trovare pane, uova, un po’ di prosciutto e formaggio, qualche verdura e frutta. La carne è un lusso per pochi.
Per non parlare della necessità di ristrutturare le case (le belle palazzine art decò del quartiere Vedado o dell’Habana vieja cadono a pezzi), riparare le vecchie automobili o comprare un telefonino. Se i soldi bastano a malapena per il cibo è impossibile risparmiare per altro.
Una scheda telefonica costa circa 40 dollari al mese, ma se non si riesce a pagare una mensilità la linea viene immediatamente disattivata. Internet ufficialmente è proibito: sono in vendita schede a prezzi proibitivi, i più giovani si organizzano intorno ad un computer o ad un rarissimo wifi per scaricare le mail o dare uno sguardo veloce a Facebook.
Le restrizioni, si sa, non sono solo di natura economica. Il controllo sociale è ancora molto intenso, in un Paese a partito unico retto da un ex militare, Raoul Castro, con esercito e forze di polizia onnipresenti. “Ci trattano come dei bambini che devono stare in silenzio, che non possono avere opinioni diverse”, si lamentano, sempre di nascosto, alcuni. Se questo, da un lato fa, sì che Cuba sia un paradiso forse unico in America Latina, dove non circolano armi e non c’è violenza, nemmeno a tarda ora di sera, dall’altro rende difficile l’espressione di voci diverse. Tv, radio e giornali sono solo di Stato, l’informazione veicolata è quella ufficiale e gran parte del mondo fuori è sconosciuta. A meno che, come rivelano a denti stretti alcuni habaneros, non riescano ad intercettare alcune tv “clandestine” come TeleSur o TeleFutura.
Però nonostante tante difficoltà, molti cubani, seppur poveri, ci tengono a mantenere la propria dignità. Come Nancy, 60 anni, “fidelista” da sempre, incontrata per caso all’Avana vecchia. Le ho chiesto una informazione per mangiare una pizzetta “come quelle che mangiano i cubani, pagando in pesos”. Lei, stupitissima e incuriosita dalla richiesta di questa turista anomala, mi ha accompagnato e raccontato la sua vita, le sue difficoltà economiche por la vivienda. Poi mi ha aiutato a trovare un taxi collettivo, con altre dritte per muoversi per l’Avana. Quando, con immenso imbarazzo, ho accennato ad allungarle qualche soldo perché pensavo aspettasse un aiuto, si è quasi offesa. “Nosotros no tenemos nada, pero tenemos la dignidad”. E’ stato un sollievo ascoltarla e chiederle scusa per il gesto in questo caso inopportuno.

Una frase che fa da controcanto felice ad un altra, ascoltata da un giovane autista di taxi collettivo mentre intratteneva allegramente il suo pubblico di passeggeri:
“Nosotros no tenemos nada, pero somos feliz”.
L’augurio, per questo popolo povero ma dignitoso, è di aprirsi al mondo a piccoli passi, mantenendo ferma la propria dignità.
Leggi anche: Taxi collettivo all’Avana, per scoprire la vera Cuba.
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