di Daniele Poto – Non c’è troppo da deprimersi mandando in archivio la stagione cinematografica italiana del 2022. Per quantità e qualità. Nelle sale (sempre di meno, sempre più “multi”) sono stati distribuiti 251 film che si sono avvalsi in gran parte dei contributi delle Film Commission regionali o di budget minimali.
Non è sempre Checco Zalone: il comico con l’uscita di 4 film ha requisito ben 220 milioni d’incasso piazzando l’en plein nella top ten e ora se la prende comoda, aspettando altre più diluite uscite.
Ebbene, anche cumulando l’incasso di quanto prodotto nel 2022 non si arriva che a una minima percentuale rispetto a questo campione assoluto.
Ma non si può sempre ragionare solo sulla base degli euro. Il botteghino nostrano soffre di americanite acuta. Nel senso che i film spettacolari, magari in fruizione 3 D, hanno sempre il sopravvento proponendo costi produttivi che nessun operatore italiano può minimamente assumersi.
Così nelle prime posizioni d’incasso del 2022 vediamo comparire Avatar, Minions 2, Doctore Strange nel Multiverso della Follia,
Top Gun: Maverick.
Notate bene: queste pellicole e anche quelle che seguono in graduatoria conservano il titolo originale in inglese presupponendo un ampia e non provata conoscenza di questa lingua della nostra popolazione. Se fosse omogeneo il rispetto ne conseguirebbe che i film non dovrebbero essere doppiati e potrebbero essere visti in lingua originale, consumo che avviene solo di nicchia e in sale specializzate.
Alla fine dunque l’assoluto rispetto del titolo iniziale appare come un segno di provincialismo più che di fedeltà o, al limite, di colonialismo cinematografico.
Per carità, non vogliamo cadere nell’eccesso opposto, ben esemplificato da come fu tradotto Domicile Conjugal di François Truffaut ovvero “Non drammatizziamo, è solo questione di corna”, lasciandoci intendere che tra gli attori sarebbero potuti comparire Carlo Giuffrè, Renzo Montagnani e Edwige Fenech!
Dunque, pur orfani di Zalone, abbiamo potuto godere di tanti debutti, di piacevoli conferme e di film di peso e di spessore.
L’elenco sarebbe lungo ma non possiamo fare a meno di citare Le otto montagne, La stranezza, Nostalgia, Settembre, Ennio, Siccità, War. La Guerra desiderata.
Un altro motivo di apprezzamento di sistema è la possibilità di vedere pellicole di cinematografie lontane. L’ovvio interesse per quanto sta succedendo in Iran o in Ucraina spinge verso la conoscenza di questi mondi e il cinema è un ottimo king maker culturale, un marcatore importante.
Il boom del cinema coreano con l’ancora recente Parasite disegna un prototipo esportabile.
Un ulteriore motivo di relativa soddisfazione è la definitiva sparizione dei cine-panettoni,
certo non dovuti solo alla scomparsa di Carlo Vanzina. Anche nelle uscite di Natale i distributori hanno rischiato film “difficili” ma di qualità.
Un alea di malinconico ripensamento permea le menti degli italiani ed ecco che pellicole come Le otto montagne o Living (remake di un epocale caposaldo del cinema giapponese) trainano un gruppo solido di film d’autore.
L’ultimo arrivato è Grazie ragazzi! di Riccardo Milani con Antonio Albanese. Quando nella stessa pellicola si piange e si ride finendo col commuoversi vuol dire che il regista ha fatto centro, utilizzando un carcere come epicentro drammatico della vicenda.