di Daniele Poto – Le otto montagne è un libro che ha cambiato la vita al proprio autore Paolo Cognetti e che ora vede restituito il plot con enorme verosimiglianza e freschezza sullo schermo.
Mi sono laureato con una tesi sulla traduzione dei testi letterari nel cinema, dando per scontato la necessità del tradimento nell’opzione filmica ma non saprei trovare una versione così fedele nella storia di questi due diversi specifici.
Curioso che una pellicola tratta da un libro valorizzi così bene silenzio e pause, restituendo sobriamente
l’ambiente di montagna dove l’orecchio è teso ad ascoltare la presenza dell’elemento animale, le valanghe, il soffio dei venti, tutti quegli elementi dove domina la natura.
Il cocktail emotivo è assicurato da temi sostanziali: la definizione di un’identità in progress, la forza dei legami e dell’amicizia, l’imprinting delle famiglie nell’educazione dei giovani.
E la montagna è il collante, la cartina di tornasole che filtra rapporti e situazioni.
Presenza amichevole ma anche potenzialmente terrifica e fatale.
L’uscita del film pare preludere a un cambiamento di indirizzo sostanziale nella distribuzione dei film natalizi. E’ il momento della meditazione e del raccoglimento e non della chiassosità volgare dei cine-panettone.

E il pubblico sembra sommamente gradire questo rinnovato mainstream in cui pesa l’incubo della guerra, il sentore inflattivo della crisi e i colpi di coda Covid-australiana che costringono un milione di italiani a letto.
Non sapremo immaginare poi attori più convincenti dei due protagonisti alla pari: Luca Marinelli e Alessandro Borghi. Il fine e il rozzo, il cittadino e il montanaro, lo spiritualista che si cerca in Nepal e il ragazzo che non sa rinunciare alle proprie cime.
Trent’anni di incontro a saldare un rapporto che sutura le anime e le appaga fraternamente. La forza dei temi intrecciati è la forza del film con la simbologia dei titolo facilmente spiegabile.
Con povere parole da una parte chi deve fare un giro più lungo per capirsi e trovarsi (le otto montagne) e chi ne ha una sola a disposizione e su quella si evolve e si definisce.
La forza del sottotesto, del non detto, delle ellissi narrative, sono gli elementi di forza di un film che ha trovato nei registi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch dei finissimi e sensibili esecutori.
Cognetti ha supportato la loro dedizione con la collaborazione ai dialoghi, schermando il succo più godibile del suo libro.