di Giulia Segna – Tahira, nata in Italia e vissuta in Brasile, ha sempre amato i cani. Ma è in Olanda, dove adesso vive, che ha scoperto di poterci lavorare insieme: i cani lupo la supportano nelle sedute di coaching psicologico per insegnare ai pazienti la gestione delle emozioni e la consapevolezza interiore.
Finiti gli studi liceali, Tahira Tarquini è decisa ad iscriversi alla facoltà di veterinaria, talmente forte è la passione per gli animali. Prima di farlo, però, viene a conoscenza di un’opportunità di volontariato europeo nell’animazione di scambi interculturali. Fa richiesta, viene accettata, parte per l’Olanda.
“Lì scopro un mondo nuovo”, racconta a B-hop magazine, “oltre a conoscere quello che poi è diventato mio marito, vengo a sapere di un’ampia gamma di indirizzi universitari legati al mondo animale, alternativi alla tradizionale veterinaria”.
Capisce subito che il suo posto è in Olanda, perché è lì che l’amore per gli animali può essere trasformato in un lavoro creativo, innovativo e socialmente utile.
Di recente aveva preso in casa un cane lupo che, una volta, ha deciso di portare con sé ad un evento giovanile interculturale, ambito in cui continuava a fare volontariato.
“Quel giorno i ragazzi che normalmente erano timidi hanno iniziato a socializzare, mentre quelli solitamente più esuberanti si sono aperti alle dinamiche di gruppo”. Intuisce immediatamente che la presenza del cane sta facilitando certi processi relazionali.
Questa nuova consapevolezza la spinge ad iscriversi alla facoltà di psicologia positiva, incentrata sulle soluzioni e non sulle cause del problema.
“É una tecnica apprezzatissima dalle aziende olandesi perché ottimizza gli sforzi e potenzia le dinamiche interne”.
Intanto, l’ammirazione per i cani lupo cresce sempre di più: “A differenza dei cani comuni basano la relazione su fiducia e lealtà, che non sono scontate ma te le devi guadagnare: l’indole selvatica fa sì che nella relazione con l’altro siano sempre molto attenti e consapevoli. Scansionano continuamente quello che gli succede intorno, ottimizzano sempre energie e tempo, non fanno cose a caso ma molto efficaci e mirate. In presenza di una persona, il loro comportamento non è mai casuale ma racconta qualcosa di quella persona”.
Così Tahira sente che è il momento di unire le sue grandi passioni: i cani e la psicologia.
Inizia a fare coaching supportata dai colleghi pelosi, che nel frattempo sono diventati quattro. “Qui il coaching assistito da animali è riconosciuto come lavoro e anche piuttosto diffuso, non c’è una rivalità tra coach, counselor e psicologo, come in Italia”.
Da coach lei guida la domanda del paziente verso una possibile risposta, non dà consigli né fa diagnosi; è un dialogo incentrato solo sul presente e sulle soluzioni, ecco perché il percorso normalmente dura qualche incontro. Mentre lei ascolta quello che la persona ha da raccontare, osserva il comportamento del cane – certificato per svolgere questo lavoro – capendo quali emozioni sta davvero vivendo il paziente e su quali tematiche è bene soffermarsi.
“Il cane è un collega-strumento, velocizza il processo terapeutico perché a seconda di come reagisce, il coach sa come proseguire”.
Gli animali dotati di neuroni specchio, come i cani lupo, sanno rispondere empaticamente alle emozioni degli individui che hanno di fronte.
Il fiuto sviluppato riesce a captare anche il più piccolo cambiamento emotivo, quindi riescono a leggere la persona in modo profondo, veloce e reale.
“Grazie ai cani anche il paziente ha l’opportunità di riflettere sulle emozioni che sta vivendo, perché non sempre sa riconoscerle o ne è consapevole”.

“Una volta, a casa di mia suocera, con due dei miei cani, è accaduto un fatto sorprendente: mentre ero in salotto a cercare le chiavi, ho percepito uno strano comportamento da parte loro: andavano verso una signora, amica di mia suocera, senza però avvicinarsi troppo. Anzi, la cosa strana era che si fermavano entrambi sempre alla stessa identica distanza. Facevano continuamente avanti e indietro senza superare quella linea. ‘Sembra che ci sia una sorta di barriera invisibile che impedisce agli animali di proseguire’, ho detto ad alta voce, e qualche giorno dopo quella signora mi ha contattata chiedendomi un incontro”.
In effetti, prosegue, “mi ha confessato che sentiva di aver costruito proprio una barriera emotiva intorno a sé, che la ostacolava soprattutto nel rapporto con il padre, gravemente malato in ospedale. Non riusciva a provare l’empatia che avrebbe voluto”.
Insomma, i cani avevano rispecchiato esattamente quella situazione. Avevano percepito quel blocco interiore nella donna e l’avevano rappresentato, seppur inconsapevolmente. “Nel percorso di coaching con lei, poi, è emerso che il freno emotivo dipendeva in realtà dal rapporto con la mamma”.
Un altro episodio che ricorda con piacere è quello di una giovane paziente in preda all’angoscia per il futuro: le sembrava di non avere passioni, capacità, obiettivi.
“Siamo state insieme un’ora e questo è bastato per trovare le risposte che cercava: le ho domandato quali fossero le sue passioni, ha fatto tanti giri di parole, parlato di molte cose, un po’ agitata e anche il cane era irrequieto. Poi ha nominato la danza e l’animale ha iniziato a calmarsi, fino ad addormentarsi”.
La giovane era stata finalmente onesta con sé stessa, si era tranquillizzata, aveva creato un’atmosfera serena e il cane lo aveva percepito. L’ipotesi di diventare ballerina professionista l’aveva sempre esclusa, sentiva di non essere all’altezza e di non avere l’appoggio della famiglia.
“Così le ho chiesto di creare un percorso ad ostacoli con degli oggetti che le ho fornito. Dovevano esserci una partenza, uno snodo e un traguardo. Quindi le ho suggerito di percorrerlo insieme al cane, che avrebbe rappresentato lei stessa. La ragazza sarebbe stata invece la sua coscienza, perciò doveva guidarlo, spronarlo e accompagnarlo lungo il cammino.
Qualche tempo dopo mi ha chiamata per farmi sapere che aveva trovato il coraggio di contattare delle accademie di danza e che una di queste le aveva proposto un contratto di lavoro”.