(di Giulia Segna) – “Avevo 35 anni quando mi è stata diagnosticata la depressione. Allora non se parlava con la stessa libertà di oggi, era un tabù. Se lo avessi raccontato avrei rischiato di non essere capita, anzi emarginata”. Queste le parole con cui Teresa inizia a raccontare la sua storia.
Ha 77 anni, di Napoli. I capelli corti tinti di blu, le mani curate, truccata e ben vestita, negli occhi tanta luce e voglia di vivere.
Eppure, sono quarant’anni che convive con uno dei mali più insidiosi e diffusi del nostro tempo, che non bada all’età, alla classe sociale né allo stato di salute fisica: la depressione è un disturbo dell’umore più o meno prolungato nel tempo – a seconda dei casi – che può essere causato da un preciso evento traumatico o stressante, oppure può non avere motivi apparenti.
Diminuzione di interesse per ogni genere di attività, persistenti pensieri negativi, apatia, disistima, auto-svalutazione, rabbia, malinconia, ansia. Questi alcuni dei sintomi di chi ne soffre.
Terry, il nome con cui Teresa desidera farsi chiamare, prosegue: “Non sono mai riuscita a capire a cosa sia davvero legata la mia depressione. Forse un’infanzia di regole severe e limitazioni o un matrimonio con qualche discussione di troppo”.
“Era il 1978, me la ricordo bene quella sera. Sono andata a dormire serena e la mattina dopo mi sono svegliata con un forte senso di angoscia, tristezza e apatia”.
“Non passava – prosegue -, allora mi sono rivolta ad uno specialista che, dopo una lunga chiacchierata, mi ha detto che ero depressa. Non avevo idea di cosa significasse esattamente, ma avevo capito che per un bel po’ avrei dovuto prendere medicinali per regolare il tono dell’umore. Ancora oggi mi fanno compagnia!”
Per Terry non è semplice raccontare tutto ciò, lo si legge nello sguardo, ora incupito e sfuggente.
Ha tenuto chiuso a chiave dentro di sé questo segreto per molti anni, ma da qualche tempo sta provando a condividerlo con l’esterno perché forse, riflette ad alta voce,
il primo passo per stare meglio è proprio non nascondersi.
“Ho iniziato a parlarne con gli amici più stretti, quelli di cui sento potermi fidare. Mi ha fatto stare un po’ meglio, e sull’onda di questa sensazione positiva ho accettato di raccontarmi a B-hop: qualcuno, leggendo, può immedesimarsi nella mia storia e trovare il coraggio di affrontare la sua malattia”.
“Quale che sia il disturbo il mio consiglio è di non auto-giudicarsi ma accogliere ogni aspetto di sé come caratteristica che ci rende unici e, tutto sommato, belli”.
“Ognuno è interessante per le caratteristiche fisiche e psichiche che possiede – sottolinea -. La depressione, per esempio, è uno dei miei tratti distintivi”.
Teresa non si è mai illusa di poter guarire definitivamente dalla depressione. Ma ha imparato a conviverci, perché almeno gli attimi in cui l’umore è alto vuole goderseli.
“Appena diagnosticata, la malattia mi appariva come un mostro da cui fuggire o da reprimere, terrorizzata che qualcuno potesse accorgersene – dice -. Mi domandavo continuamente perché fosse capitato proprio a me. Cosa avevo fatto di male per meritarmelo? Ero triste, arrabbiata, sempre spossata e persisteva un nodo alla gola che mi dava l’impressione di soffocare. In certi periodi l’umore era talmente basso che veniva meno l’appetito, la forza per lavarmi e vestirmi. La vita stessa perdeva senso e l’unica cosa che desideravo era dormire”.
Poi però negli anni qualcosa è migliorato: non la depressione, permanente allo stesso stadio, ma il modo in cui Terry la vive. “Ho smesso di domandarmi perché fosse accaduto proprio a me, un pensiero ossessivo e totalmente distruttivo. Mi sono guardata indietro e ho provato ad individuare qualche possibile evento scatenante, mi sono messa in gioco con la psicoterapia ed ho appreso, piano piano, a gestire gli sbalzi repentini dell’umore”.
“Ho imparato che i momenti belli vanno goduti pienamente, fino in fondo, perché all’improvviso può piombare la tristezza con il suo flusso di pensieri disfunzionali. Ma anche quando questa sopraggiunge, so che devo resistere, perché se non la demonizzo o non le do troppa importanza, se ne andrà”.
“Basta avere pazienza; essere depressi è un po’ come andare sull’altalena. Si va su e giù”.
Teresa sospira, beve un sorso di caffè, poi con orgoglio mostra alcune foto. Lei in gita con le amiche, lei alle terme, lei al corso di ballo, lei ad una festa in maschera, lei mentre viene truccata per uno show televisivo cui ha partecipato di recente.
“Forse tutto quello di cui sono stata privata da giovane, tra doveri familiari e limiti che mi sono imposta io stessa, lo sto recuperando adesso, in età adulta. E magari è proprio grazie a questa rinnovata condizione che riesco a parlare della depressione”.
“Lei è sempre in agguato”, sorride,
“ma non le permetto più di annientare la voglia di vivere che mi scorre dentro”.
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