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Home B.I.N. - Bellezza Interna Netta

“Delwende”, il Burkina Faso nell’opera di Fausto Sebastiani e Sandro Cappelletto

Musica classica contemporanea

di Filippo Bocci
23 Novembre 2020
in B.I.N. - Bellezza Interna Netta, Primo Piano
Tempo di Lettura: 4 mins read
35 1
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di Filippo Bocci – L’arte, la musica, quando ci trasmettono un messaggio, sono sempre un atto “politico”. Vale per un lavoro importante come Delwende (Alzati, salva tua madre), ambientato in Burkina Faso, una terra che il compositore Fausto Sebastiani e lo scrittore e storico della musica Sandro Cappelletto avevano già raccontato ne Il paese degli uomini integri del 2018, ispirato alla figura carismatica del presidente Thomas Sankara, il “Che Guevara africano” assassinato nel 1987.

Lo spettacolo, in scena al Teatro Palladium di Roma il prossimo 25 novembre alle ore 21.30, a causa dell’emergenza pandemica da coronavirus viene trasmesso in diretta streaming gratuita dalla pagina Facebook di Roma Tre Orchestra (link diretto: https://fb.me/e/1JWT1LcA5).

Selezionato e commissionato dal “Premo SIAE Classici Di Oggi 2018 – 2019”, Delwende è scritto su testo di Sandro Cappelletto con la musica di Fausto Sebastiani, e dedicato a Roberto Pujia e Valerio Vicari, rispettivamente presidente e direttore artistico dell’Orchestra di Roma Tre. È interpretato da una voce narrante (lo stesso Cappelletto) e dal soprano Sabrina Cortese, cantante versatile che spazia dal barocco alla musica contemporanea, con l’Ottetto vocale di Roma e l’Orchestra di Roma Tre. La direzione è affidata alla bacchetta del Maestro Stefano Cucci, musicista dalla lunga esperienza internazionale.

Ispirato liberamente al film Delwende del regista burkinabé Pierre Yaméogo, il lavoro affronta il tema di un retaggio ancestrale che affligge le donne del Burkina Faso, ancora spesso accusate di stregoneria e per questo condannate a morte.

Tratto da una storia vera, il testo narra la forza e la volontà di riscatto di Napoko e di sua figlia Pougbila, la prima accusata di stregoneria e di aver provocato la morte di alcuni bambini, la seconda costretta ad un matrimonio forzato, altra piaga persistente in questo paese. Le due donne, piuttosto che fuggire, scelgono di tornare nel loro villaggio e affrontare il giudizio degli anziani. La madre potrà così liberarsi dal disonore e dall’infamia delle terribili accuse e divenire il simbolo del riscatto femminile agli occhi del villaggio.

L’opera vive dell’inscindibile rapporto tra la musica e il testo, creando una sorta di contrappunto ideale in una continua interazione dove lo stato d’animo delle protagoniste è espresso dal canto del soprano, mentre il coro riflette il pensiero della comunità.

Cappelletto rappresenta il dramma con una scrittura intensa, coinvolgente, in grado di delineare il contesto sociale e culturale segnato da atavici condizionamenti, ma animato da un prepotente desiderio di affrancamento.

Sandro Cappelletto

La musica di Sebastiani è fortemente evocativa, con ritmi e suoni propri di una sensibilità contemporanea, e ispirata alla tradizione di canto orale di quella regione del continente africano. La vocalità ha il duplice carattere della tradizione europea colta, dall’ampia linea melodica e contemporaneamente di un canto con andamento proprio, non impostato.

Fausto Sebastiani

Delwende – una casuale, fortunata coincidenza vuole che vada in scena proprio nella “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2020” – spinge a riflettere sulle contraddizioni della società africana, in cui i movimenti di emancipazione femminili convivono con una realtà dove le donne sono ancora subalterne, vanno spose in giovanissima età, e troppe subiscono ancora violenza in famiglia o muoiono di parto per mancanza di igiene o cura.

In un’epoca storica in cui la pandemia ci costringe ad allontanarci, si fa cultura e musica attraverso le piattaforme streaming, B-hop ha chiesto al Maestro Sebastiani e a Sandro Cappelletto quanto il web possa incidere sulle soluzioni compositive: “Vorrei precisare – ci ha detto Sebastiani – che il brano che verrà presentato in prima esecuzione il 25 novembre non nasce per essere trasmesso online, ma come tanti altri era destinato a un concerto dal vivo più volte rimandato. Se dovessi concepire un nuovo lavoro destinato sin da subito a una piattaforma online probabilmente farei delle scelte differenti, ad esempio in relazione alla forma musicale. L’attenzione del pubblico in una sala da concerto è senz’altro diversa rispetto a quella dell’ascoltatore connesso a una piattaforma streaming. Prima di tutto si renderebbe necessario studiare la piattaforma di destinazione: in una diretta su Facebook l’attenzione è probabilmente minore rispetto a una trasmissione su Youtube, così come l’utilizzo di Instagram richiederebbe un dialogo più capillare tra musica e immagini o video”.

“Stiamo cercando un difficile punto di equilibrio – riflette Cappelletto – mai pensando alla diffusione online come ad una alternativa al concerto dal vivo, né come a un surrogato. Il web offre certo la possibilità di far circolare la musica senza apparenti limiti di luogo, di tempo o di durata. Un aspetto che può rappresentare una risorsa soprattutto per i linguaggi e le iniziative che faticano nel trovare un proprio pubblico e un’adeguata attenzione tra i media tradizionali. Ma non si può pensare a uno ‘streaming’ purchessia. La qualità delle riprese audio e video deve essere alta, ponendo limiti invalicabili al decadimento dell’ascolto, così frequente nella fruizione via web. Siamo in una fase, non sappiamo quanto lunga, di progettazione. È necessario interrogarci sulle forme diverse che può assumere un concerto, sfruttando le risorse del montaggio e della postproduzione, del ricorso ad altri aspetti visivi”.

Delwende, dunque, non potrà lasciare indifferenti, una creazione originale e suggestiva che sperimenterà e supererà, ne siamo certi, anche la prova della fruizione online. Perché la forte carica emotiva del tema ci induce ad un abbraccio, seppure virtuale, con una popolazione dimenticata e così lontana dalle sicurezze di noi “occidentali”, in un paese che è ancora ai suoi primi albori democratici.

E ci guida in una profonda riflessione sulle ragioni e sul dramma delle migrazioni. Ecco, la musica, l’arte quando fanno “politica” ci dicono qualcosa di noi e ci rivoluzionano, rendendoci sempre un po’ migliori.

Leggi anche: Il Paese degli uomini integri

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Filippo Bocci

Filippo Bocci

Laurea in Lettere, curiosissimo di tutto ma esperto di niente, cialtrone il giusto. Coltivo particolari feticci come la bacchetta di Leonard Bernstein, gli occhi di Bette Davis, il sorriso di Jack Lemmon. Scrivo su b-hop perché “le parole sono importanti (by Michele Apicella/Nanni Moretti). E se le usi per parlare di Bellezza fanno bene”.

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