Le nuove generazioni di “nativi digitali” non sapranno più usare la penna per scrivere a mano, in corsivo? Sapranno solo strisciare dita sugli schermi del tablet o al massimo picchiettare su tastiere? E quali sarebbero i rischi della perdita di questa competenza, per le nostre società? Sembra un’assurdità futuristica eppure il rischio di una trasformazione epocale, che sta passando strisciante sotto i nostri occhi, è già in agguato. Con grandi rischi.
Già la Finlandia avrebbe intenzione di abolire l’uso della scrittura manuale nelle scuole a partire dal 2016, rimpiazzandola con tablet e pc, per stare al passo con i tempi. E il 23 gennaio di ogni anno, negli Stati Uniti, si celebra il “National handwriting day”, la Giornata nazionale per il recupero della scrittura manuale. Perché sì, non tutti lo sanno, ma nel Paese che aspira ad essere il faro delle avanguardie nel mondo, milioni di bambini non sanno più scrivere in corsivo. E stanno correndo ai ripari, lanciando addirittura una campagna per il recupero del corsivo www.campaignforcursive.com. Motivata da istanze egualitarie in una società multirazziale, nella maggior parte delle scuole statunitensi non si insegna più a scrivere con le lettere collegate una all’altra, personalizzando la grafia, ma solo in stampatello. Alcuni Stati americani, come la California, stanno facendo resistenza; altri dietrofront. Il fatto è che dall’inizio della rivoluzione digitale ad oggi, molti studi e ricerche stanno dimostrando gli effetti nefasti di un uso eccessivo della tecnologia per il cervello umano, soprattutto quello dei “nativi digitali” nati dopo il 2000, che non sanno come si viveva prima e stanno rischiando situazioni di declino mentale. Tant’è che tra le giovani generazioni yankees la scrittura a mano sta tornando di moda, come un vezzo vintage.

“Non si tratta di fare una battaglia di retroguardia contro il digitale ma è la ‘battaglia delle battaglie’ contro lo spappolamento della capacità critica dei futuri cittadini – spiega Daniela Mennichelli, consulente grafologa, collaboratrice dell’Istituto grafologico Moretti di Urbino -. Rischiamo di perdere una capacità antropologica: scrivere a mano accende molte più aree del cervello, aiuta a sviluppare il pensiero associativo e a costruire una memoria interna, favorisce la capacità di introspezione e concentrazione, aiuta ad adattarsi a circostanze diverse. È un gesto unico e assolutamente personale, utile per la costruzione della propria identità”. Negli Usa la “National handwriting association” ha dovuto addirittura stilare un decalogo in 15 punti per ricordare ai giovani americani i vantaggi della scrittura in corsivo.

Un famoso neuropsichiatra tedesco, Manfred Spitzer, ha identificato in un libro una vera e propria patologia derivata da troppo uso delle nuove tecnologie: la “demenza digitale”: può avere effetti negativi sull’ippocampo, portando alla perdita della memoria, alla riduzione delle capacità spazio-temporali, alla perdita del senso di orientamento, all’atrofizzazione della memoria numerica.
Secondo Spitzer “i media digitali creano dipendenza, danneggiano la memoria, diminuiscono l’impegno mentale e, per questo, sono del tutto inadatti a favorire l’apprendimento scolastico”. L’utilizzo dei media digitali negli asili e nelle scuole elementari, proprio perché il cervello dei bambini è malleabile, sarebbe come “esporli ad una pericolosa sostanza stupefacente”.
“Oggi c’è una eccessiva velocizzazione dei tempi di apprendimento – osserva Mennichelli -. Si richiedono al bambino prestazioni veloci che, secondo la sua normale crescita psicomotoria, non può fare prima dei 9 anni. Per imparare a scrivere c’è bisogno di fasi, è come imparare a camminare. Se non si rispettano queste fasi arrivano le mancanze. Non a caso stanno aumentando moltissimo anche tra noi le ‘disgrafie’, ossia lo scrivere male, che ha conseguenze anche sull’autostima dei bambini”.
Dietro la scomparsa della penna “ci sono gli interessi economici delle industrie informatiche e della telefonia, che spingono per vendere i loro prodotti – sottolinea Mennichelli -. So per certo che è in atto una azione di lobby presso i parlamentari europei per spingerli a cambiare le legislazioni scolastiche”. In Italia “non siamo ancora in grosso pericolo perché siamo arretrati tecnologicamente”. E anche se il dibattito è ancora di nicchia (al contrario molti genitori vanno fieri delle capacità dei più piccoli di usare un tablet), l’Istituto Moretti sta già progettando una campagna a difesa della scrittura manuale.