di Margherita Vetrano – Può capitare che si debba trascorrere un giorno in ospedale e che si trasformi in un giorno di ordinaria follia in day hospital!
Può capitare che la visita sia programmata in uno degli ospedali più grandi di Roma e che ci si senta a casa ogni volta che si torna. Ma, a volte, la giornata può colorarsi di giallo, nella speranza di uscire vittoriosi dal ricovero temporaneo.
La preparazione alla visita medica ha in sé qualcosa di rocambolesco, nel tentativo di arrivare sani alla data del controllo, dribblando tra raffreddori e malanni di stagione.
Quando ci si sveglia, al mattino del d-Day, solitamente prima dell’alba, si assapora già quel senso di vittoria per un primo obiettivo raggiunto: essere in condizioni di salute di andare in ospedale.
Già, perché se stai male, il controllo salta, rimandando finché riuscirete ad essere tutti in buono stato di salute: voi e lui.
Insomma, pieni di speranza, borse e borsoni, giochi, libri, merende, esami pregressi ed anche il trolley di scuola, partite all’avventura mentre albeggia.

Siete leggeri e pieni di energia, certi che in poche ore potrete tornare a casa.
Appena arrivati, leggete con diligenza il reminder dell’appuntamento: “III° piano, ala X, stanza Z sportello 6” e vi recate sul posto.
Siete i primi, il reparto è deserto e siete certi di avere la giornata in pugno.
…salvo essere informati dall’infermiere di passaggio che vi conviene andare al “IV piano, ala Z, stanza K sportello 12” ad aprire il day hospital, così fate prima.
Cogliete al volo il suggerimento, tanto siete in anticipo su chiunque e, brandendo “baracca e burattini” raggiungete il piano.
Il reparto è già in pieno fermento.
Vi danno il benvenuto una risma di moduli da compilare che riconsegnate a tempo di record.
Il day hospital è ufficialmente aperto!
Venite spediti in uno “scantinato” per la prima visita ma il reparto è buio e non c’è nessuno a cui chiedere informazioni.
Quando ormai state per perdere le speranze, dietro al vetro opaco del reparto, si accende una luce e dal buio, una ragazza occhialuta apre la porta e vi scruta: “Avete suonato?”
“Si, abbiamo un appuntamento!” rispondete speranzosi e sorridenti.
“Aspettate qui”
Vi accomodate sull’unica sedia del lungo corridoio ed aspettate pazientemente.

Arrivano altre famiglie, alla spicciolata e l’angoscia strisciante di aver sbagliato reparto scivola via.
I bambini chiacchierano e voi vi rilassate.
L’infermiera fornisce indicazioni e in breve siete smistati ad altri reparti. Voi no.
Voi siete ammessi alla visita.
Dopo un’ora circa, in cui raccontate gli ultimi decenni con precisione certosina e vostro figlio viene intervistato a lungo, la dottoressa vi destina ad un nuovo reparto.
All’undicesimo piano, nella torre nord…che dà un vago senso vintage e di inquietudine da romanzo medievale.
Il punto non è dove andare ma come raggiungerlo.
Servito da un unico ascensore, riuscire ad arrivare al piano è un puro colpo di fortuna.
Soprassediamo sul ritorno, per il quale la disperazione più cupa, dopo un’ora d’attesa, è quella di valutare la discesa esterna in parete con le corde!
Facile immaginare il senso di conquista che vi pervade quando riuscite ad approdare al piano.
Dopo una breve attesa sull’ennesima sedia, dell’ennesimo corridoio, il pool di giovani psicologhe vi accoglie sorridente.
“Purtroppo non abbiamo i test da somministrare a vostro figlio, bisogna andare a prenderli al 3° piano!”
Qualcosa di insano brilla nel vostro sguardo, perché si apprestano ad aggiungere: “Rimanete pure qui, andiamo noi…”
Recuperati e somministrati i test, venite destinati al reparto di partenza, dicono loro…ma a questo punto non ricordo più quale fosse.
Pieni di dubbi, prendete il primo ascensore possibile, pieno come un uovo di pazienti e personale sanitario che si rimpingua ad ogni piano, oltre ogni umana possibilità.
Rischiando di rimanerci intrappolati, riuscite a buttarvi fuori al primo tentativo e siete tornati al piano scantinato, sempre deserto.
Appena riuscite ad intercettare una persona, chiedete udienza nella stanza in cui avete fatto il primo colloquio.
Ne esce una nuova dottoressa che vi scruta da capo a piedi e si ritira prontamente nella stanza.
Poi, con fare circospetto, ne esce nuovamente per informarvi che avete sbagliato piano.
Il reparto di ritorno è quello al quarto piano. Dovete andare lì, dove avete aperto il day hospital. Penseranno loro a darvi indicazioni più precise!
Frastornati e increduli, vi rimettete in marcia con una sola certezza: vi muoverete usando le scale, inutile attendere l’ascensore.
Brandendo il trolley di vostro figlio, vi inerpicate per gli scalini lucidi. Il bambino vi segue fiducioso e sorridente mentre a voi si dipinge un’espressione sul viso che vi fa assomigliare all’Incredibile Hulk quando è nervoso.
Raggiunto il reparto ormai siete sudati e stravolti e faticate a ricordare cosa dovete fare.

Per fortuna lo avevate dichiarato nei fogli di accesso. Consultandoli, insieme all’infermiera, scoprite che la vostra visita non è finita.
Ora dovete andare dagli oculisti e poi chiudere la giornata coi neuropsichiatri di reparto.
Iniziate a vedere luce in fondo al tunnel e vi incamminate decisi.
Vostro figlio vi corre dietro trascinando il suo zaino, sulle rotelline svelte, saltellando e cantando allegro.
La mattinata si sta consumando e siete consapevoli che ora tutto dipende da voi.
Non potete mollare proprio ora. Dovere riuscire a chiudere entro l’ora di pranzo.
Avete terminato le scorte di dolciumi e biscottini, esaurito le idee per intrattenere vostro figlio e… Nun–je-la–fate–più!
Con un colpo di mano riuscite a chiedere la somministrazione delle gocce d’atropina, appena arrivati, guadagnando tempo su visita e controlli.
Quando il dottore chiama, siete pronti, siete sul pezzo!

Non resta che l’ultimo incontro, il più importante: il colloquio conclusivo!
Mentre il reparto si svuota e voi siete abbandonati sui sedili, tra borse, giacche e sacchetti, ingannate l’attesa socializzando con un’altra famiglia. Per solidarietà.
Loro sono in day hospital da ieri… degli eroi!
Quando venite convocati per il “colloquio di dimissione” vi guardano con ammirazione e ricambiate il loro sguardo con quel misto trionfante di soddisfazione e compassione di chi ce l’ha fatta!
L’equipe vi accoglie, gentile ma sbrigativa, consapevole di essere in un ritardo cosmico e voi…questa volta vi accomodate e vi prendete il vostro tempo.
Dopo aver corso tutto il giorno, aver cambiato reparti e dottori, aver trasportato pesi ed aver aspettato pazientemente dietro ogni porta dell’ospedale, ora siete lì, tranquilli e fermi, pronti a raccogliere tutte le informazioni necessarie per le terapie di vostro figlio.
Con quel fare sornione alla “Ispettore Colombo“, consapevoli che, al prossimo controllo dovrete arrivare con una preparazione atletica e spirituale idonee per vivere un altro giorno di ordinaria follia in day hospital.
