di Patrizia Caiffa – Un atto d’amore nei confronti di Franco Battiato. E’ questa l’esperienza che si vive dalla prima all’ultima riga del romanzo d’esordio di Vincenzo La Monica e Giuseppe Piccinno La scomparsa misteriosa ed unica di Franco Battiato” (La Vela, 2021).
I due autori, un ragusano e un leccese, danno vita ad un personaggio di fantasia, il giornalista salentino Federico Falco, che nella primavera del 2019 è incaricato dalla sua testata di scrivere un articolo sulla sparizione dalle scene, negli ultimi due anni, del grande artista siciliano.
L’idea del libro è nata prima della morte di Franco Battiato, il 18 maggio 2021. Dopo la tristissima notizia si è trasformato in un gesto di gratitudine per quanto “ha messo a disposizione del pianeta in 50 anni di carriera”.
Il giornalista Falco si reca nel paesino di Milo, sulle pendici dell’Etna, amata residenza dell’artista catanese. Nel viaggio che lo porta fino alle coste del ragusano (a Donnalucata, più famosa come set della fiction sul Commissario Montalbano)
incontra donne, emozioni, ricordi, storie, che trasformano la sua missione professionale in una interiore catarsi battiatesca, infarcita di continue citazioni dei brani del Maestro geniale.
Sospettando che sia scomparso come Empedocle e Ettore Majorana (la scomparsa misteriosa e unica di Majorana è proprio una frase di una sua canzone) Federico scopre in Sicilia che la villa di Battiato è disabitata e forse venduta. Del musicista restano una musicassetta, una lista autografa con i titoli di 10 brani forse inediti e il gilet che aveva indosso all’ultimo concerto.
Nel gioco ad indovinare chi abbia scritto cosa (unica traccia possibile è provare a riconoscere lo stile narrativo sulla base della conoscenza personale degli autori), tutta l’opera è pervasa dalla smisurata passione per il cantautore siciliano, che ha profondamente ed intimamente inciso i rispettivi percorsi esistenziali.
Vincenzo La Monica è un operatore della Caritas di Ragusa, appassionato di libri ed astronomia, Giuseppe Piccinno è un ingegnere del catasto di Lecce.
Entrambi, oltre alle similitudini dialettali, ad una amicizia ventennale e ad un blog di delicatessen letterarie (I Van De Kerkhof) dimostrano una ricca e spavalda padronanza di parole e immagini colte, originali ed avvincenti.

Il linguaggio, oltre al grande valore letterario in sé, contiene un sottotesto di continui riferimenti alle canzoni di Battiato, che diventano essi testi trama e scheletro dell’intero romanzo: dai titoli dei capitoli (Abito in una casa di collina; A wonderful summer; Mi piace osservare i miei concittadini; Nel secondo imbrunire il cuore; Niente è come sembra, eccetera) fino ai paragrafi più significativi.
La valle tra due fiumi (della Mesopotomia), ad esempio, è un interessante e forse veritiero resoconto di viaggio dell’indimenticabile concerto che Battiato realizzò a Baghdad nel 1992, nell’Iraq di Saddam Hussein piegato da un durissimo embargo. L’apertura della serata, con la mistica canzone L’ombra della luce da lui cantata in arabo, dà la misura e le atmosfere di tutto il seguito.
Nel romanzo il giornalista 55enne continua la ricerca sulle tracce del suo mito e si perde in una senile infatuazione nei confronti di Costanza, giovane astronoma che osserva le stelle dalla Muntagna. Scopre, con grande sorpresa per l’insolita coincidenza, che Costanza è figlia di Andrea, una donna che lo iniziò ai piaceri della carne nella sua prima gioventù, proprio durante una serata casalinga in cui era presente un esordiente Battiato.
Andrea, a sua volta, sembra essere stata amata proprio dal Maestro. Nel libro viene indicata come probabile ispiratrice della famosa canzone “La cura”.
Nel congedo di Costanza da Federico dopo una felice notte d’amore si avverte l’eco della poetica amorosa di Battiato:
“Il tempo ci tratterebbe come fa con la maggioranza degli innamorati, due soggetti si legano l’uno all’altra durante uno stato mentale allucinatorio e poi un bel giorno si ritrovano a galleggiare nel gran mare delle insofferenze”
e “poi i giorni e l’abitudine spegnerebbero le stelline che adesso ti coprono gli occhi al solo pensarmi e ogni capriccio lo accoglieresti come una solenne rottura di scatole…. non so che meccanismo sia ma è così”.
In sintesi: ciò che ci unisce ci dividerà?
Impresso nella memoria dei fan di Battiato e rigorosamente riportato nel romanzo è infatti il famoso aneddoto dei tre yogurt che l’artista raccontò veramente ad un giornalista, emblematico riassunto delle sue idee sul matrimonio: lasciò una donna di cui era innamorato (aveva quasi deciso di sposarla) dopo aver scoperto che aveva mangiato a sua insaputa tre yogurt comprati per sé. Per questo, forse, non si sposò mai.
Verso il finale del libro c’è un passaggio significativo e una dedica grata: “Tutti noi, secondo le rispettive capacità, durante il transito terrestre, dobbiamo lasciare cose, novità, che l’universo possa raccontare a Dio: un figlio, un articolo, un albero, un amore”.
Forse gli artisti “non si sposano e non generano ma arrivano sulla terra con lo zaino pieno di talenti. A volte ci mettono tempo e fatica, pian piano cominciano a sospettare che è toccato loro un ruolo speciale e un giorno inevitabilmente realizzano che sono esseri con una missione: esprimersi e diventare creatori”.
“Questa è la loro grazia e dannazione: un po’ svelano il creato un po’ lo creano ancora e per chi li segue sono esempi di evoluzione. Ma solo finché la fonte meravigliosa della creatività sgorga, poi è giusto lasciarli andare”.
Quale migliore ringraziamento e congedo nei confronti di chi ci ha dato così tanto?