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Home Buenvivir

Ricette slow: il Panpepato

Tradizione vuole che venga preparato almeno 15 giorni prima di Natale

di Carla Chiuppi
15 Dicembre 2021
in Buenvivir
Tempo di Lettura: 3 mins read
48 2
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Wander Umbria, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Wander Umbria, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

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di Carla Chiuppi – Questo è il periodo in cui si inizia a pensare alla preparazione del panpepato (o pampepato). Dolce natalizio di cui si parla, si indaga, si arriva a discutere sulla provenienza e sull’originalità della ricetta.

Chi si appella a scritti e manoscritti chi a supposizioni leggende o indagini storiche. Sta di fatto che il panpepato, come lo conosciamo adesso, ha origini “quasi certe”.

È comunque certo che lo stesso nome indica i più svariati dolci sparsi in moltissimi territori e che se varia anche di poco il nome, gli ingredienti si alternano e si mescolano assumendo, a volte, tutt’ altro aspetto da quello che risiede nel nostro immaginario.

La sua preparazione concorre a creare il giusto clima di festa e di condivisione.

Tradizione vuole che il panpepato venga preparato l’8 dicembre, perché deve “riposare” almeno 15 giorni e siccome si osserva la vigilia, viene aperto il 25 dicembre. Tradizione questa ormai tradita da numerosi anni.

Questa ritualità e sacralità di alcune ricette, solo in certi periodi dell’anno, devo confessare mi manca molto.

Comunque anche quest’anno, in casa mia il rito si ripete, puntuale, come tutti gli anni.

La mia ricetta è quella di sempre, da anni. La magia della preparazione investe tutti i sensi: il rumore dello schiaccianoci, il profumo della frutta secca fatta tostare nel forno, quello delle spezie, il pungente del pepe e il dolce profumo del miele che si scioglie insieme al cioccolato.

Impastare i panpepati è una delle esperienze che più mi riportano indietro nel tempo, il miele morbido riesce a dare quell’effetto, quella consistenza che resta in memoria per anni. Prima della mia ricetta, ecco quella descritta in un libro da Giovanni Eroli (intellettuale narnese), delle monache di San Bernardo di Narni.

Nota per far li pampepati in n. di dodici circa

Farina basta un sediciano

Noce un sediciano

Miele libre 10

Pepe libra mezza

Sultanina due libbre

Garofano soldi 5

Candito una lira

Per fare il gielo sopra zucchero

Una libbra e mezza di cioccolata

Ed ecco la mia:

Per 4 kg occorrono (i pesi della frutta secca si intendono sgusciate):

  • 1,5 kg di gherigli di noce,
  • 350 g di nocciole,
  • 350 g di mandorle,
  • 200 g di pinoli,
  • 500 g di cioccolato fondente,
  • 50 g di cacao amaro,
  • di 250 g di uva sultanina
  • 500 g di miele
  • mezza noce moscata
  • 5 g di cannella
  • 150 g di arancia candita a cubetti
  • 6 grammi di pepe nero macinato fresco
  • farina q.b.
  • 200 g di mosto cotto
  • una tazzina di caffè
  • la scorza grattugiata di un’arancia
  • un bicchierino di rum e mistrà

Preparazione

  • Sbollentare le mandorle, sbucciarle e tostarle nel forno, tostare anche le nocciole e privarle della pellicina.
  • Riunire in un contenitore tutta la frutta secca, i canditi, la scorza d’arancia e aggiungere l’uvetta senza farla rinvenire.
  • Sciogliere il miele e il cioccolato a bagnomaria, aggiungere il mosto cotto, caffè, liquore e cacao.
  • Unire il composto alle mandorle, noci, nocciole, pinoli, canditi, uvetta. Aggiungere noce moscata, pepe e cannella.
  • Mescolare a lungo, velocemente con un mestolo di legno aggiungendo la farina fino a ottenere un composto consistente ma elastico. Durante la lavorazione bagnare le mani con acqua.
  • Per formare i panetti utilizzo un imbuto, livello la quantità e lo giro direttamente sulla teglia stringendo bene il composto fra le mani per compattarlo.
  • Far riposare i panetti per 4 ore circa, poi cuocerli nel forno caldo a 180° per 20 minuti circa.
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Carla Chiuppi

Carla Chiuppi

Sono una educatrice, appassionata di viaggi, cucina e narrazioni di ricette legate alla tradizione e ai riti familiari. Io B-hop perché il cibo è cultura, e conoscere le diverse culture attraverso il cibo è qualcosa che mi entusiasma enormemente. La cucina è il luogo fisico che si tramanda di generazione in generazione, ogni storia è unica ma nello stesso tempo ci accomuna e ci unisce in una dimensione di universalità.

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