di Carla Chiuppi – Questo è il periodo in cui si inizia a pensare alla preparazione del panpepato (o pampepato). Dolce natalizio di cui si parla, si indaga, si arriva a discutere sulla provenienza e sull’originalità della ricetta.
Chi si appella a scritti e manoscritti chi a supposizioni leggende o indagini storiche. Sta di fatto che il panpepato, come lo conosciamo adesso, ha origini “quasi certe”.
È comunque certo che lo stesso nome indica i più svariati dolci sparsi in moltissimi territori e che se varia anche di poco il nome, gli ingredienti si alternano e si mescolano assumendo, a volte, tutt’ altro aspetto da quello che risiede nel nostro immaginario.
La sua preparazione concorre a creare il giusto clima di festa e di condivisione.
Tradizione vuole che il panpepato venga preparato l’8 dicembre, perché deve “riposare” almeno 15 giorni e siccome si osserva la vigilia, viene aperto il 25 dicembre. Tradizione questa ormai tradita da numerosi anni.
Questa ritualità e sacralità di alcune ricette, solo in certi periodi dell’anno, devo confessare mi manca molto.
Comunque anche quest’anno, in casa mia il rito si ripete, puntuale, come tutti gli anni.
La mia ricetta è quella di sempre, da anni. La magia della preparazione investe tutti i sensi: il rumore dello schiaccianoci, il profumo della frutta secca fatta tostare nel forno, quello delle spezie, il pungente del pepe e il dolce profumo del miele che si scioglie insieme al cioccolato.
Impastare i panpepati è una delle esperienze che più mi riportano indietro nel tempo, il miele morbido riesce a dare quell’effetto, quella consistenza che resta in memoria per anni. Prima della mia ricetta, ecco quella descritta in un libro da Giovanni Eroli (intellettuale narnese), delle monache di San Bernardo di Narni.
Nota per far li pampepati in n. di dodici circa
Farina basta un sediciano
Noce un sediciano
Miele libre 10
Pepe libra mezza
Sultanina due libbre
Garofano soldi 5
Candito una lira
Per fare il gielo sopra zucchero
Una libbra e mezza di cioccolata
Ed ecco la mia:
Per 4 kg occorrono (i pesi della frutta secca si intendono sgusciate):
- 1,5 kg di gherigli di noce,
- 350 g di nocciole,
- 350 g di mandorle,
- 200 g di pinoli,
- 500 g di cioccolato fondente,
- 50 g di cacao amaro,
- di 250 g di uva sultanina
- 500 g di miele
- mezza noce moscata
- 5 g di cannella
- 150 g di arancia candita a cubetti
- 6 grammi di pepe nero macinato fresco
- farina q.b.
- 200 g di mosto cotto
- una tazzina di caffè
- la scorza grattugiata di un’arancia
- un bicchierino di rum e mistrà
Preparazione
- Sbollentare le mandorle, sbucciarle e tostarle nel forno, tostare anche le nocciole e privarle della pellicina.
- Riunire in un contenitore tutta la frutta secca, i canditi, la scorza d’arancia e aggiungere l’uvetta senza farla rinvenire.
- Sciogliere il miele e il cioccolato a bagnomaria, aggiungere il mosto cotto, caffè, liquore e cacao.
- Unire il composto alle mandorle, noci, nocciole, pinoli, canditi, uvetta. Aggiungere noce moscata, pepe e cannella.
- Mescolare a lungo, velocemente con un mestolo di legno aggiungendo la farina fino a ottenere un composto consistente ma elastico. Durante la lavorazione bagnare le mani con acqua.
- Per formare i panetti utilizzo un imbuto, livello la quantità e lo giro direttamente sulla teglia stringendo bene il composto fra le mani per compattarlo.
- Far riposare i panetti per 4 ore circa, poi cuocerli nel forno caldo a 180° per 20 minuti circa.