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Home B.I.N. - Bellezza Interna Netta

All that breathes, il documentario che potrebbe vincere l’Oscar

Il documentario indiano sui due fratelli che curano i nibbi feriti di New Delhi, già premiato al Sundance Festival 2022 e a Cannes, è tra i favoriti agli Oscar 2023

di Emanuela Arabito
9 Marzo 2023
in B.I.N. - Bellezza Interna Netta
Tempo di Lettura: 6 mins read
27 1
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All that breathes
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di Emanuela Arabito – Il regista Shaunak Sen era bloccato nel traffico di Nuova Delhi. Quando guidava per le strade della capitale indiana, racconta, aveva sempre l’impressione di trovarsi nel mezzo di una cartolina distopica: sempre quel cielo monocromatico, offuscato dall’inquinamento, con quegli uccelli che volteggiavano in circolo a dozzine. Uno di essi cadde e si schiantò sul cofano della sua macchina.
A casa, Shaunak scrisse su Google: Che fine fanno gli uccelli che cadono dal cielo a Nuova Delhi?
Ascolta “All that breathes, il documentario che potrebbe vincere l’Oscar” su Spreaker.

Ebbene, c’era qualcuno che se ne prendeva cura: due fratelli, Mohammad Saud e Nadeem Shehzad, ex culturisti diventati veterinari autodidatti. E  nacque l’idea di un documentario che lo avrebbe portato dritto alla candidatura per l’Oscar.

All that breathes
A Nuova Delhi, grazie alle montagne di rifiuti e di scarti, soprattutto dell’industria della carne, il nibbio bruno è di casa e ripulisce la capitale indiana – almeno in parte –  dalla spazzatura.

Le acque dello Yamuna, l’affluente del Gange sulla cui riva destra sorge New Delhi, sono buone per 350 chilometri: più o meno, dall’Himalaya fino all’ingresso in città, dove a causa degli scarichi fognari e dei complessi industriali diventa il fiume più inquinato del mondo nelle cui acque non c’è traccia di specie vivente. Lungo le sue rive, intere colonne di nibbi scavano tra i rifiuti fangosi: li vediamo immergersi fino alla vita, nell’acqua piena di schiuma.

Si trasformano in “spazzini” urbani, con un ruolo essenziale nell’ecosistema. Eppure cadono a frotte dal cielo, come le rane nel celebre finale di Magnolia (regia di Paul T. Anderson, 1999, Orso d’Oro a Berlino) che piovono a migliaia all’improvviso, reminiscenza della biblica piaga d’Egitto per il rifiuto del faraone di liberare il popolo ebraico.
Qui, in All that breathes, prodotto da Hbo, nessuna piaga se non quelle dovute agli uomini.
I nibbi di Delhi vengono uccisi dall’aria tossica che produciamo, dall’inquinamento e forse, ancora di più, dai manja, gli aquiloni che gli abitanti della città alzano in cielo.
Un’attività apparentemente innocente, ma con aquiloni speciali (li vediamo nel film) provvisti di sottili corde metalliche, ricoperte da sostanze abrasive o polvere di vetro, in grado di spezzare – nelle gare – le corde dei manja “rivali” ma anche di spezzare le ali dei nibbi.
Nel 2017, dopo che il filo di un manja recise la gola di un uomo che andava in bici, uccidendolo sul colpo, venne approvata una legge che li metteva al bando, con multe e pene fino a un anno di carcere. Ma la legge è rimasta lettera morta.
All that breathes

Il cielo come una trappola, per giunta mortale. Manja e inquinamento.

L’aria di Delhi è una delle più inquinate dell’intero pianeta, ritenuta responsabile di decine di migliaia di morti premature. Spesso, per decreto, le scuole devono restare chiuse.

Molti dei nibbi recuperati da Nadeem e Mohammad presentano problemi respiratori, specialmente d’inverno, quando l’aria inquinata è al suo picco. Qualcuno guarisce, ma tanti non ce la fanno.

Da almeno 20 anni i due fratelli si occupano di salvare i nibbi feriti o incapaci di respirare, curandoli nel loro “ospedale” ricavato da un seminterrato, una specie di garage multilivello in parte adibito alla fabbricazione di dispenser di sapone.

La vista dei volatili che ogni giorno si contorcono a terra è risultata alla fine insopportabile per Mohammed e Nadeem. Ogni anno, ne recuperano migliaia.

Negli ultimi 12 anni, ne hanno curati circa 26mila.

Per salvarli, li sottopongono a interventi chirurgici correttivi, riparano un’ala piegata, una pupilla velata. Poi gli uccelli riprendono il volo, ma il ciclo è destinato a ripetersi e i nibbi guariti potrebbero essere colpiti di nuovo.

“E’ una specie di dovere morale, qualcuno deve pur farlo” dicono i due, convinti dell’interconnessione tra creature viventi, fra vita umana e animale.

“Apparteniamo tutti allo stesso universo, siamo una comunità d’aria. La vita stessa non è che una parentela”.

Quando nel ’97 recuperarono il primo nibbio, che sembrò loro un rettile venuto da un altro pianeta con l’ala strappata dal filo di un manja, lo portarono all’Ospedale per uccelli più antico e più grande di Delhi, gestito dalla comunità religiosa dei Giainisti, vegetariani che non forniscono carne agli animali carnivori, anche se in gravi condizioni.

Così li rimandarono indietro, emettendo di fatto per i nibbi feriti portati dai due una sentenza di morte “Perché questa discriminazione fra vegetariani e non vegetariani? si chiedono Mohamed e Nadeem nel film, che da allora cominciarono a curare loro stessi gli uccelli.

“One shouldn’t differentiate between all that breathes”

“Non si dovrebbero fare differenze fra ciò che respira”.

“All that breathes” non è un semplice documentario sulla crisi climatica. Mostra un calvario. I due fratelli, di religione musulmana, fanno un atto di pietà: il Thawāb. Ma la gioia di vedere gli uccelli di nuovo in volo, spiega Nadeem, risponde anche a un sogno che lui aveva, sin da bambino.

“Mi sarebbe sempre piaciuto diventare un pilota, ma i costi da sostenere erano altissimi. Se per me volare era tanto importante, mi chiedevo, che dire degli uccelli feriti, nati per volare?

Adesso quando li vedo alzarsi in cielo dopo averli curati, provo una gioia indicibile”

Le riprese del film sono cominciate nel 2019 e sono durate tre anni. Ma, ammette il regista, avrebbero potuto durare anche 10 anni senza riuscire a cogliere un attimo magico, del tutto casuale, ripreso all’inizio e presente ovviamente nel trailer.

Dove un nibbio si lancia in picchiata sul terrazzo e toglie, con inusitata delicatezza, gli occhiali dal naso di un assistente dei due veterinari.

 Pura fortuna, commenta Shaunak Sen:  erano perfette l’apertura dell’obiettivo, la luce e l’inquadratura. All that breathes è un film poetico, ma non sentimentale. Mostra la comune resilienza di tutto un mondo di abitanti non-umani, larve, tartarughe su cumuli di spazzatura, piccioni, ratti e capre, oltre ai nibbi regali e maestosi.

Ha già vinto il premio per il miglior documentario al Sundance Festival 2022 e a Cannes l’Oeil d’or.

Aspettiamo domenica 12 marzo per sapere se vincerà anche l’Oscar.

Ascolta “All that breathes, il documentario che potrebbe vincere l’Oscar” su Spreaker.

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Emanuela Arabito

Emanuela Arabito

Giornalista professionista da 30 anni, sempre con uno sguardo all’estero. Napoletana, amante del mare d’estate e d’inverno, appassionata lettrice. Volontaria per la Croce Rossa. In B-hop perché ”bisogna essere leggeri, non come la piuma, ma come l’uccello che vola” (Paul Valéry)

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