di Margherita Vetrano – Uscito nel 2021,“Belfast” di Kenneth Branagh è candidato a 7 nomination all’Oscar.
Liberamente ispirato all’infanzia del regista, il film narra le vicende di Buddy, bambino protestante.
Il film inizia il 15/08/1969. Mentre in America, a Woodstock, migliaia di giovani inneggiavano a “pace e amore” a suon di musica, in Irlanda del Nord la popolazione veniva scossa da violenti scontri tra civili che impegnarono anche le truppe britanniche per tentare di sedare i disordini.
Nella prima sequenza, Buddy gioca alla guerra coi suoi amici in un’atmosfera rassicurante e gioiosa che in breve si trasforma in guerriglia vera e violenta.

Una lunga carrellata turbina intorno a lui e ci mostra la trasformazione dell’ambiente che passa dalle spade di legno alle bombe molotof.
In pochi minuti la vita cambia e la popolazione sprofonda nel caos come il bambino che si trova solo, di fronte alla storia che lo inghiotte.
Ma poiché tutto è lieve, attraverso lo sguardo infantile, Branagh sceglie questa strada per raccontare le vicende storiche che si intrecciano a quelle familiari.
Buddy vive la scuola, il primo amore, la stretta relazione familiare coi genitori e con i nonni con serenità, lasciando sullo sfondo l’ombra della guerra.
Quando viene coinvolto in prima persona lo fa in modo inconsapevole, scegliendo comunque il male minore, come un detersivo in polvere biologico!
Buddy che ama la cattolica Katherine e imbroglia in matematica per sedere nel banco accanto a lei.

Buddy che trascorre i pomeriggi con i nonni che ballano sulle note di una canzone canticchiata a voce e che aspetta il ritorno del papà ogni due settimane.
Il film scorre rapido sull’onda della nostalgia, raccontando un tempo che fu.
La trama è semplice: il racconto di vita quotidiana e le scelte dei protagonisti che, travolti dai fatti, devono decidere del loro futuro.
I movimenti della macchina da presa, ora in soggettiva, ora fissa, ora a mano, sottolineano i momenti cruciali scuotendo lo spettatore come su una montagna russa.
Belfast protagonista, come Buddy; le sue strade ora teatro di battaglia, ora di una festa fra amici.
Puoi bere un tè o scavalcare una barricata, ma sarai sempre a casa, se non dimenticherai mai chi sei.

Kenneth Branagh sfodera il suo migliore bianco e nero che estrae volti dal buio e li disegna con le rughe e i sorrisi dei protagonisti.
Il colore è destinato solo alla magia del teatro e del cinema, gli unici posti dove è possibile sognare, senza limiti d’età.
Luoghi anch’essi protagonisti con omaggi cinematografici da Star trek a Un milione di anni fa.
Il piccolo Buddy sogna ma la sua famiglia fa i conti con la realtà e dovranno presto rendersi conto “che ciò che vogliono non conta più” quando si trovano di fronte ad eventi più grandi di loro.
Kenneth Branagh racconta un’epoca, una città e delle persone, mai così vere e mai così attuali.

Attraverso dei protagonisti strepitosi (Nomination per una stellare Judi Dench) ci porta in un’Irlanda così autentica che sembra di sentire il profumo del fish and chips servito in fogli di giornale!
L‘atmosfera resta sospesa tra realtà e rappresentazione teatrale anche quando sopraggiunge il lieto fine.
Mai stucchevole ed umano, per continuare a sperare nella vita come nel film.
Pensando ad ogni conflitto e a tutte le persone che partono, a quelle che restano e a quelle di cui non è più dato sapere.
“La risposta giusta è una sola? Se questo fosse vero, la gente non si farebbe saltare in aria” [cit. Ciaran Hinds”]