(di Patrizia Caiffa) – Alle 15.24 in punto di oggi moltissime donne della Svizzera hanno smesso di lavorare. Perché quello è l’orario che corrisponde, in termini effettivi, a quanti franchi svizzeri una donna riceve in cambio come stipendio rispetto ad un uomo.
Sono uscite dagli uffici, dalle fabbriche, dai negozi, da ogni posto di lavoro che le ripaga con qualifiche spesso subordinate e stipendi inferiori almeno del 20% a quelli degli uomini.
E’ solo una delle azioni messe in atto oggi dal #Frauenstrike2019, lo Sciopero delle donne: perché sembra incredibile come notizia, ma perfino nella perfetta e appagata Svizzera le discriminazioni di genere ancora esistono.
Gross #frauenstreik2019 pic.twitter.com/jB0NMuJlpR
— Jacqueline Badran (@JayBadran) June 14, 2019
Migliaia di donne, in diverse città, con appoggi anche da movimenti femminili in Germania, Spagna, America Latina, scioperano per chiedere, tra l’altro, parità di retribuzione con gli uomini, riduzione dell’orario di lavoro per consentire la conciliazione lavoro-famiglia, assicurazioni sociali con rendite dignitose, congedi parentali per prendersi cura di bambini o familiari malati, perfino l’abolizione delle tasse sugli assorbenti.
Come nel film inglese “We want sex” ispirato a fatti reali, ossia lo sciopero del 1968 di 187 operaie alle macchine da cucire della Ford di Dagenham oggi le donne svizzere alzano di nuovo la testa (l’ultima è stata nel 1991 e hanno ottenuto il congedo per maternità) per rivendicare i loro diritti.
Se i precisissimi orologi delle donne svizzere si fermano alle 15.24 quelli delle italiane a che ora dovrebbero fermarsi?