(di Patrizia Caiffa) – Dopo la bufera sul titolo choc di Libero contro Greta Thunberg, l’azienda italiana di prodotti per l’igiene Silver Care – che figurava in prima pagina in alto con una sua pubblicità – ha deciso di non acquistare più spazi pubblicitari sul quotidiano fondato da Vittorio Feltri.
La decisione è stata annunciata con lettera privata al giornalista e docente universitario Alberto Barlocci, che insegna etica professionale e responsabilità sociale all’Università cattolica del Nord, che ha sede ad Antofagasta e a Coquimbo, in Cile.
Barlocci, italiano che vive in America Latina da moltissimi anni e segue con attenzione le vicende del nostro Paese, si è fatto capofila di una protesta indignata per il titolo offensivo contro la giovane ecologista svedese Greta Thunberg, all’indomani dell’incontro con Papa Francesco il 17 aprile: in quell’occasione il quotidiano Libero l’aveva definita “rompiballe”, scrivendo nell’occhiello: “Vieni avanti Gretina”, che per un lettore medio italiano è un evidente allusione ad un insulto. “Le sue sono frasi fatte e false che sentiamo da decenni, che se mettessimo in pratica le sue idee falliremmo all’istante”, sosteneva l’articolo.
Il dietrofront dell’impresa Silver Care è oggi una piccola ma significativa vittoria che dimostra come i lettori/consumatori possano far sentire la propria voce contro il degrado etico in corso nel dibattito pubblico.
Non solo esprimendo il proprio dissenso ma “votando con il portafoglio” ossia facendo pressione sugli investitori e sulle aziende perché si facciano carico delle conseguenze delle proprie scelte economiche (specie se legate a comportanti incivili e immorali).
Alberto Barlocci ha scritto una lunga lettera a Federico Zecchin, presidente della Silver Care, il quale ha ammesso di aver ricevuto altre mail di protesta.
“Tra le cose che ho sottolineato – rivela Barlocci a B-hop – gli ho chiesto quale spiegazione avrebbe dato se, al posto di Greta Thunberg, ci fosse stata una sua figlia o nipote”.
“Non è accettabile che l’azienda non si faccia responsabile dei contenuti di Libero dato che ha scelto di finanziarlo, e che conoscendo i contenuti del mezzo stampa potrebbe senz’altro escluderlo”.
Tra l’altro, prosegue Barlocci, “la linea editoriale di Libero non è coerente con la cura ambientale che professa e caratterizza Silver Car”. Il giornalista e docente fa notare come le aziende usino, per la pubblicità, entrate che provengono dalla vendita e non gli utili, perciò “il denaro utilizzato in realtà è quello di noi consumatori”: “E come tale – precisa – mi rifiuto di finanziare un giornalismo incivile come quello di Libero”.
La risposta del presidente della Silver Care non si è fatta attendere e nella sua ultima lettera (il carteggio ha avuto diversi botta e risposta) è stato chiaro ed onesto:
ha ammesso di condividere “al 100% il suo pensiero e la pubblicità negativa causata da questi due eventi su Libero”,
facendo riferimento anche al tam tam negativo che ne è derivato sui social.
“Dei social non posso dire nulla in quanto non li pratico – scrive Zecchin -, lo fanno le mie figlie e altre persone dedicate. Ho già preso il loro rimprovero per quanto accaduto e ho però spiegato alcune dinamiche sull’acquisto della pubblicità che replico anche a lei. Noi non abbiamo acquistato gli spazi pubblicitari da Libero direttamente ma tramite un’agenzia che in ‘last minute’ propone diverse soluzioni e tra queste c’è anche Libero ma come Tutto Sport, Il Corriere dello Sport e altri giornali e riviste che vengono scelti un po’ a caso, a seconda dell’opportunità di spazi proprio perché non sono stati venduti ad altre aziende”.
Zecchin si difende dicendo che non erano “a conoscenza dei contenuti pubblicati”:
“Siamo rimasti anche noi inorriditi da quanto successo. Abbiamo avvisato l’agenzia di escludere Libero in futuro da queste proposte”.
Ed anche se i pubblicitari della Silver Care pensano che il tam tam mediatico sia stato – nonostante tutto – “un bene” il presidente della Silver Care esprime il suo disaccordo: “Io non sono di questo parere e spero che non capiti più un imprevisto del genere che non va per niente nella direzione corretta di ecologia e risparmio della plastica com’è nei nostri pensieri”.
Barlocci è soddisfatto per il risultato ottenuto e prenderà come spunto questo episodio per parlarne ai suoi studenti all’università. Anche perché, precisa,
“in genere, dietro la protesta di un lettore che si prenda la briga di manifestarla, secondo studi sociologici ce ne sono 5 mila che non lo fanno, ma che la condividono”.
Risultato: “Consumatori 1 – Libero 0”, ironizza: “Spero che questa prassi possa installarsi nei confronti di tante altre aziende: vogliamo che non solo si producano beni, ma anche che il modo di produrli sia un bene”, conclude.
E c’è già chi pensa a lanciare una petizione su Change.org per far capire a tutti che
“le pubblicità sono soldi dei consumatori”,
e per sensibilizzare le imprese a non pubblicare su giornali “il cui scopo è tutt’altro che informare”.