di Rinaldo Felli – Dopo 18 anni dalla prima edizione torna sulle scene italiane “Copenaghen“. L’acclamato thriller scientifico – politico scritto da Michael Frayn è attualmente in scena al Teatro Argentina di Roma interpretato, anche in questa occasione, dall’identico imprescindibile cast di allora: Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Giuliana Lojodice, anche la regia rimane ad appannaggio dell’ottimo Mauro Avogadro.
Siamo nel 1941, seconda guerra mondiale tragicamente dilagante. In una Copenaghen occupata dai nazisti il fisico tedesco Werner Heisenberg, improvvisamente, fa visita al suo insigne maestro Niels Bohr.
Qual’è il motivo di questo inaspettato incontro? Forse per parlare semplicemente di meccanica quantistica con il suo antico maestro e magari anche per verificare insieme i calcoli sulla massa critica dell’uranio?
Oppure è andato con l’intento di proteggere Bohr dai nazisti, forse vuole convincerlo a collaborare con la ricerca bellica dei scienziati tedeschi. O addirittura è venuto per carpire da Bohr informazioni importanti per orientare la propria ricerca nucleare in favore del potere nazista.
O magari ha scelto di tradire quel potere ed informarlo di aver deliberatamente sabotato i programmi nucleari tedeschi. Ma forse è lì per confrontarsi sui dilemmi etici posti agli scienziati o, chissà, vuole semplicemente ritrovare un caro ed apprezzato amico.
Tutto ciò ad oggi rimane e forse rimarrà per sempre un mistero anche perché Heisenberg e Bohr, nei decenni successivi, nulla fecero per svelarlo. Anzi dettero dell’incontro versioni assai diverse ed a volte persino contrastanti.
Scrive lo stesso Frayn in un post scriptum al suo testo:
“Secondo l’interpretazione di Copenaghen la possibilità di affermare o di pensare qualunque cosa sul mondo, compresi gli aspetti apparentemente più oggettivi ed astratti di cui si occupano le scienze naturali, dipende interamente dall’osservazione umana, ed è soggetta ai limiti imposti dalla mente umana. L’indeterminazione del nostro pensiero è dunque fondamentale per la natura del mondo”.
Ma allora come riuscire a svelare una situazione storica attraverso la finzione scenica? Come raccontare che l’indeterminazione del pensiero di Heisenberg e Bohr, fortunatamente, non produsse un effetto che avrebbe cambiato i destini dell’umanità e vale a dire la bomba atomica nelle mani di Hitler?
Ce lo spiega, sempre nel post scriptum, l’autore:
“Ma fino a che punto si può sapere quale fosse il filo dei loro ragionamenti? E’ a partire da qui che mi sono allontanato dalla documentazione storica acquisita, da qualsiasi documentazione storica possibile. La grande sfida che si pone davanti al narratore, così come allo storico, è di entrare nella mente delle persone, fermarsi dove si sono fermate e vedere il mondo come l’hanno visto loro, per fare una qualche valutazione obiettiva dei loro moventi e delle loro intenzioni, ed è proprio a questo che la storia documentata e documentabile non può arrivare. Anche quando ogni prova esterna è stata verificata, l’unica via per entrare nella testa dei protagonisti è attraverso l’immaginazione. Questa è la vera essenza del testo teatrale”.
L’immaginazione dell’autore cerca di svelare il mistero facendo nuovamente incontrare post mortem i due scienziati alla presenza, con il ruolo di testimone, della moglie di Bohr.
I tre, ormai liberi da ogni compromesso, condizionamento che la vita comporta, si confrontano sulle tante versioni da loro stesse raccontate precedentemente sperando, almeno in questa occasione, di riuscire a dare una spiegazione definitiva al loro incontro.
Chi deciderà di assaporare l’essenza del testo di Michael Frayn si prepari ad un lungo applauso, quello potente che inesorabilmente viene strappato alla fine di ogni recita dai tre straordinari interpreti.
Dal 14 novembre e fino al 9 maggio 2018 lo spettacolo sarà in tournée nei maggiori teatri italiani.