di Maralis – Nel parco della Caffarella, a sud est della capitale, archeologia e storia romana si fondono col volontariato sociale. E i ragazzi dei licei coltivano orti didattici, organizzano visite guidate a tema, gestiscono un casale. Esempio perfetto di alternanza scuola-lavoro. Un vero e proprio training di turismo solidale dentro Vigna Cardinali, nel cuore di Roma. La Caffarella è un successo di cittadinanza attiva che dura da oltre 30 anni.
Ma non è stato sempre così. Anzi. C’è voluto tempo. Tenacia. Ci sono volute lotte. Petizioni. Battaglie cittadine.
«Inizialmente la villa apparteneva ai principi Torlonia, poi ai loro eredi e al marchese Gerini, infine ad una fondazione ecclesiastica legata ai salesiani – racconta a b-hop Roberto Federici, attivista storico del Comitato per il Parco della Caffarella – : solo nel 2005 è diventata finalmente il parco di tutti i romani».
Federici, insegnante di scienze in pensione, ha ripercorso con noi gli esordi della “battaglia” per la Caffarella: dalla prima presa di coscienza alla raccolta firme, alle denunce, fino all’esproprio. Come parte dell’Appia Antica, la Caffarella contiene resti archeologici che sono patrimonio dell’umanità.
«La molla iniziale fu per me una passione infinita per la geologia e le scienze naturali – ricorda Federici – Negli anni Ottanta, quando ci accorgemmo dell’enorme tesoro che era la Caffarella, iniziammo ad interessarci alla sua sorte».
Nel 1984 Roberto segue un’iniziativa per il recupero dell’area verde: all’epoca c’era perfino una discarica di materiali edili. «Gli abitanti avevano il concetto della Caffarella come luogo di scarto», dice.
«Gli eredi Torlonia avrebbero voluto realizzare lì dentro un grande agglomerato edilizio. Per loro il concetto era “ripristinare il decoro costruendo case”!».
Con il marchese Gerini il parco passa di mano, ma resta privato.
«Il fondovalle – ricorda Federici – era utilizzato per l’agricoltura e la pastorizia. Nel casale della Vaccareccia, in affitto, si produceva il formaggio, mentre le parti più periferiche erano fungaie abusive e discariche. C’erano anche degli orti e poi l’aperta campagna molto bella: il tutto però era di proprietà privata».
Il gruppo di cittadini ‘attivi’ chiede la consulenza di Lorenzo Quirici, archeologo, e del geologo Maurizio Parotto. «Mauro Cristaldi, tra i miei insegnanti di università, ci dà un mano – ricorda Roberto – Accumuliamo una quantità enorme di materiale. Iniziamo anche a sollecitare la magistratura».
A quel punto i tempi sono maturi: nasce l’associazione di volontariato “Comitato per il parco della Caffarella”. Segue una stagione fatta di assemblee, denunce, firme, incontri in Campidoglio.
«Così vengono bonificate le fungaie. Nel 1988 con la raccolta di 13 mila firme consegnate al Parlamento (si discuteva la legge per Roma capitale), vengono stanziati i soldi per l’esproprio, ma nessuno farà nulla per altri dieci anni», racconta.
Finché nel 1998 il sindaco Francesco Rutelli si impegna per un primo esproprio.
Che viene portato a termine. Grande festa ma è solo l’inizio. Arriverà Walter Veltroni. E la battaglia prosegue.
«Il 2005 è l’anno del grande successo- ricorda Federici -: il parco diventa pubblico per 110 ettari. Con Veltroni vengono acquisiti dai romani 70 ettari più il casale centrale della Vaccareccia e Vigna Cardinali, che oggi è gestito dalla Humus onlus, il nostro braccio operativo. Ma ancora ci sono delle parti private».
Nel frattempo il Comitato e la onlus ottengono i fondi del 5permille «e vengono effettuati i restauri del casale, si acquistano panchine di legno e staccionate».
Attraverso un finanziamento della Tavola Valdese il comitato compra un’auto elettrica per disabili e poi un trattore per tagliare l’erba:
«viene fatta la manutenzione della Caffarella con visite guidate gratuite archeologiche, naturalistiche e storico-artistiche e inizia la lavorazione del formaggio, anche dimostrativa per le scuole».
Eccoci giunti ad oggi: al progetto di alternanza scuola-lavoro, ai picnic, alle feste, alle visite.
«Abbiamo anche alcuni mecenate che ci aiutano, abbiamo donatori privati e tanti volontari: il Parco è rinato e adesso è proprio di tutti», conclude Federici con grande soddisfazione.
Una delle sue ‘passeggiate’ preferite è far da guida archeo-naturalistica con l’auto elettrica per i disabili: a quel punto ti rendi conto davvero che non ci sono più barriere e che le battaglie civili sono una vittoria per tutti.