(di Filippo Bocci) – “Solo due matti come noi potevano pensare di realizzare e portare a termine un’opera di 1250 sonetti, metterli tutti in voce, sonorizzarli e raccoglierli antologicamente”. Così Angelo Maggi fa riferimento al suo “complice” principale Elia Iezzi e introduce un lavoro, pubblicato dalla Società Editrice Dante Alighieri, veramente monumentale, 1250 sonetti appunto del grande corpus di Giuseppe Gioachino Belli, dove monumento, come spiega Marcello Teodonio nella prefazione del libro, è il “documento” da tenere alla memoria (la radice della parola infatti è “moneo ad mentem”, riconduco alla memoria).

Elia Iezzi racconta che l’idea è venuta a casa Maggi, “davanti a un piattino di “bufaline” e a un paio di profumate “rosette” romane”. È lì che i due, “entrambi dotati di una certa dose di sana follia”, ipotizzarono di incidere un centinaio di sonetti ma per nostra fortuna hanno finito con l’esagerare.

Lo scorso 7 maggio hanno presentato il felice risultato della loro intuizione “vernacolo-alimentare” in una pirotecnica serata al Teatro Belli di Roma (e dove altrimenti?).
C’erano tutte le voci degli amici doppiatori, anzi dei “doppiattori” come Maggi definisce questi due volte interpreti, che prestano il loro talento ad altri e che noi ascoltiamo al cinema, spesso senza conoscere i loro volti.
Tutti hanno aderito con entusiasmo all’invito del loro collega a far parte di questo progetto, che ha richiesto un impegno di sette anni.
Elia Iezzi, abruzzese legato alla cultura della sua terra, un passato di lavoro con Carmelo Bene, ha curato la scelta dei sonetti, mentre Angelo Maggi li ha raccolti per tematiche e ha scelto, a guidare le registrazioni in sala, Marco Mete, un direttore di doppiaggio che, per intenderci, ha dato voce a pezzi da novanta come Robin Williams e Bruce Willis.
Insieme a lui, in una serata di fuochi d’artificio poetici, abbiamo applaudito le altre voci che hanno realizzato questo prodotto artistico, che chiamare “libro” è alquanto riduttivo.
Si tratta di una vera e propria performance teatrale tascabile in veste di chiavetta Usb, dove questi straordinari professionisti ci catapultano nelle atmosfere e nei suoni della Roma di 200 anni fa.
Ecco allora, oltre al già citato Marco Mete, in rigoroso ordine alfabetico, Mino Caprio, molto attivo nel doppiaggio soprattutto di film di animazione e voce dell’operaio Peter Griffin; Chiara Colizzi, due volte figlia d’arte, che dà parola alla classe cristallina di Nicole Kidman, Kate Winslet, Uma Thurman, Penelope Cruz, Jessica Chastain; Massimo Corvo, la voce ufficiale di Sylvester Stallone dopo la morte di Ferruccio Amendola; Luca Dal Fabbro, che annovera tre grandi maestri quali Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi e Elio Petri e da anni si occupa prevalentemente di doppiaggio; Francesca Fiorentini, legata a Gwyneth Paltrow, ma anche voce fra le altre di Rosario Dawson e Rosamund Pike; Ludovica Modugno, che a cinque anni doppiava Marcellino pane e vino e, da “grande”, e alla grande, Glenn Close e Angelica Huston; Alessandro Quarta, che oltre a doppiare Ethan Hawke e Casey Affleck è anche cantante, compositore e tanto altro; Alessandro Rossi, e chi dimentica l’Oskar Schindler di Liam Neeson? E ancora Marina Tagliaferri, che ha lavorato con il gotha del nostro teatro e che da 21 anni è Giulia Poggi, nella fortunata serie televisiva Un posto al sole.
Infine Angelo Maggi, l’anima di questo lavoro, la voce di Tom Hanks, laureato in Scienze biologiche, ma poi grande attore e grande doppiatore. Così innamorato dei sonetti del Belli da dedicare loro talvolta lunghe sedute notturne, che, come confessa nell’introduzione, hanno spinto moglie e figlia a organizzare battute di ricerca domestiche. È l’entusiasmo e la capacità di divertire e divertirsi che lui e i suoi amici e colleghi ci hanno regalato l’altra sera, e che aspetta chiunque voglia comperare il libro.

“Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma. In lei sta un certo tipo di originalità: e la sua lingua, i suoi concetti, l’indole, il costume, gli usi, le pratiche, i lumi la credenza, i pregiudizi, le superstizioni, tutto ciò che insomma la riguarda, ritiene una impronta che assai per avventura si distingue da qualunque altro carattere di popolo… Giuseppe Gioachino Belli”.
Photo credits: Filippo Bocci