(di Giulia Segna) – “Cara Silvia, cara Aisha”, così inizia la lettera firmata da centinaia di cooperanti italiani operativi in tutto il mondo, per manifestare vicinanza e solidarietà alla collega Silvia Romano, poi Aisha in seguito alla conversione all’Islam, rapita in Kenya e tornata in Italia lo scorso 10 maggio dopo 18 mesi di prigionia in Somalia.

Un’iniziativa nata e cresciuta sui social che, in pochi giorni, ha visto la partecipazione di
552 operatori italiani della cooperazione internazionale, attivi in 65 paesi del mondo.
Studenti, volontari e professionisti di tutte le età uniti dal desiderio di esprimere gioia per la liberazione di Silvia Aisha Romano e manifestarle il proprio affetto, a fronte delle polemiche mediatiche da cui è stata travolta.
Molti dei partecipanti, insieme alla lettera, hanno scattato anche selfie, quasi a voler dire “ci metto la faccia”.
La lettera e il video con le foto dei firmatari sono state recapitate privatamente alla cooperante milanese.
I promotori del progetto sono membri dei gruppi Facebook Cooperanti si diventa! e Cooperanti italiani, ritrovatisi sul social network per studiare e realizzare l’attività.
“È stato bello scoprire quanto la voglia di fare qualcosa fosse nei pensieri di molte e molti di noi”, raccontano i promotori a B-hop magazine, “le risposte sono state numerose e rapide.
Abbiamo condiviso pensieri, discusso le finalità e scritto insieme il testo della lettera”.
Un’iniziativa partecipata e collettiva, fatta di idee, riflessioni e suggerimenti provenienti da centinaia di cooperanti italiani in ogni angolo del pianeta.
“Abbiamo deciso di non aggiungerci alle (troppe) parole spese nei confronti di Silvia Aisha Romano”, proseguono, “in questo momento è meglio stare in silenzio”.
A confermare la volontà di agire senza fare clamore, è il fatto che nel progetto non sono state coinvolte sigle di Ong e Associazioni del Terzo Settore. Un gesto silenzioso e dirompente.
Questo è il testo della lettera:
Cara Silvia, cara Aisha,
siamo tanti studenti e studentesse, volontari e volontarie, cooperanti, operatori e operatrici umanitari, professionisti in diversi ambiti impegnati a vario titolo in progetti umanitari e di cooperazione allo sviluppo.
Come direbbe qualcuno, siamo quelli che hanno deciso di “aiutarli a casa loro”.
Siamo quelli e quelle che, come te, hanno deciso di mettersi in gioco, facendo sacrifici e perseguendo ideali di solidarietà, giustizia, equità in qualsiasi luogo del mondo.
Non possiamo immaginare cosa tu abbia passato in questi mesi, ma sappiamo bene che al tuo posto ci sarebbe potuto essere ognuno di noi. Il 10 maggio abbiamo gioito e sorriso con te anche noi, che in questi 18 mesi ti abbiamo aspettata e chiesto a gran voce la tua liberazione.
Vogliamo farti sapere che non sei sola e che noi, tuoi colleghi e colleghe, ti siamo vicini e ti facciamo sentire tutto il nostro supporto.
Bentornata a casa.
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