Se, come sembra, la Procura di Forlì archivierà l’inchiesta, sarà molto improbabile accertare la verità sul caso Pantani. A quel punto, per sportivi ed appassionati, non resterà altro che credere ad una delle tante interpretazioni dei fatti. La più accreditata, la più verosimile, anche per ciò che sta emergendo attraverso la pubblicazione in queste ore di alcune intercettazioni telefoniche, è che Marco Pantani fu “fregato”, come si dice a Roma.
Riepiloghiamo brevemente i fatti per come apparentemente sarebbero accaduti. Siamo al Giro d’Italia del 1999, Pantani viene da una stagione, la precedente, trionfale. Ha vinto, anzi stravinto, sia il Giro che il Tour nello stesso anno, un’impresa che, prima di lui, è riuscita solo a pochissimi altri campioni: Coppi, Anquetil, Merkx, Hinault, Roche e Indurain. E’ quindi considerato dall’opinione pubblica, ma anche dagli addetti ai lavori, uno dei grandi favoriti. Lo dimostra sin da subito vincendo la prima frazione con il traguardo in salita, quella del Gran Sasso, alla 14° tappa è in maglia Rosa e dopo aver vinto la ventesima tappa, la Predazzo-Madonna di Campiglio, ha ben 5.38″ di vantaggio su Paolo Savoldelli, secondo in classifica.
Il giorno seguente, penultima tappa del Giro, il percorso prevede la scalata del famigerato Mortirolo ed oltre 50 chilometri di salita. Insomma una tappa da “Pirata”. A questo punto Pantani non è più uno dei grandi favoriti ma il “favorito assoluto”, l’unico.
Ma quella famigerata mattina del 5 giugno, mentre i ciclisti iniziano il loro riscaldamento, vengono resi pubblici i risultati dei controlli effettuati dall’UCI. Nel test effettuato da Pantani risulta una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito. Il limite è 50%, tollerato 51%, l’ematocrito del “Pirata” risulta essere 52%. Per conseguenza Pantani viene immediatamente escluso dal Giro e sospeso per 15 giorni. Paolo Savoldelli, diviene automaticamente il primo in classifica ma si rifiuta di indossare la maglia rosa.
Cosa o chi ha “fregato” il campione? Probabilmente l’essere stato il “favorito assoluto” e avere, conseguentemente, convogliato su di lui gran parte delle scommesse clandestine. Dalle intercettazioni rese pubbliche in queste ore risulta che la camorra avrebbe alterato i risultati di quelle analisi per impedire al “Pirata” di vincere il giro ed evitare a se stessa di perdere una montagna di denaro nel giro delle scommesse.
Marco comprese subito ciò che gli avrebbe causato quell’accadimento: “Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile”. Fu così. Poteva scontare quei 15 giorni di sospensione e tornare a vincere come tanti altri atleti ma lui era cosciente che, come atleta, era stato assassinato quella mattina del 5 giugno.
Aveva compreso che nessuna nuova impresa, nessuna nuova strabiliante vittoria, che nessun trionfale articolo di giornale avrebbe modificato nell’opinione pubblica la percezione che si aveva ora di lui. Agli occhi ingenui dei bambini che affollavano i tornanti di una qualsiasi montagna e dei loro entusiasti papà, Pantani non era più e non sarebbe più stato il “Pirata”.
Ora e per sempre sarebbe rimasto un ciclista dopato, uno che per vincere aveva utilizzato mezzi antisportivi, uno che aveva frodato avversari e tifosi, uno che se fosse arrivato nuovamente con le braccia alzate al traguardo avrebbe sollecitato sempre il dubbio.
Tutto ciò lo assassinò dal punto di vista sportivo, morale ma forse anche da quello fisico. Si nutrono ancora molti dubbi sulla morte avvenuta il 14 febbraio del 2004. Pantani visse quegli anni preda della depressione e della cocaina, ma molte furono le incongruenze rintracciate nella stanza d’albergo dove fu ritrovato cadavere. Il referto medico parlò di decesso dovuto ad “edema polmonare e cerebrale conseguente ad overdose” ma nella stanza di droga non ne fu trovata traccia; vennero ritrovati residui di cibo cinese che Pantani non mangiava mai; alcuni lividi sospetti sul corpo tali da far immaginare un’aggressione di più persone, una quantità di cocaina assunta esagerata per qualsiasi uomo ed una stanza che sembrava avesse ospitato una lotta tra uomini piuttosto che le escandescenze di un tossicodipendente in preda ad overdose.