di Margherita Vetrano – Mascherine trasparenti e didattica: un connubio possibile? L’introduzione dell’uso delle mascherine con il primo DPCM 23 Febbraio 2020, è stato fra i segnali sociali più forti del 2020.

Sono stati prodotti e commercializzati diversi tipi ma l’uso di quelle trasparenti resta tutt’ora una materia nebulosa.
Non sono un vezzo ma la reale opportunità inclusiva per le persone sorde, in particolare nella didattica.
La sordità è un disturbo invisibile che sposta il focus dell’attenzione da un senso all’altro.
Compensare l’udito scarso o assente spinge a potenziare la vista concentrandosi sulla lettura labiale.
Ma quando le bocche sono schermate e i suoni attutiti dalle mascherine, le barriere discriminatorie crescono.
Anche la presenza dell’Assistente alla Comunicazione come facilitatore di relazione diventa meno efficace.
A salvaguardare questi studenti intervengono le Linee guida approvate con Decreto Ministeriale n.39 del 26/06/2020 ovvero la Disciplina degli “accomodamenti ragionevoli (art.5 Convenzione ONU).
Il documento parla chiaro: “Priorità irrinunciabile sarà quella di garantire, adottando tutte le misure organizzative ordinarie e straordinarie possibili, sentite le famiglie e le associazioni per le persone con disabilità, la presenza quotidiana a scuola degli alunni con Bisogni educativi speciali, in particolar modo di quelli con disabilità, in una dimensione inclusiva vera e partecipata. Per alcune tipologie di disabilità, sarà opportuno studiare accomodamenti ragionevoli“
Adottare mascherine trasparenti per alunni ed insegnanti sembrerebbe la scelta migliore per favorire la comprensione di tutti.
Ma sono pochissimi gli istituti che hanno intrapreso questo percorso poiché la materia non è chiara.
A questa mancanza si aggiunge l’assenza di mascherine trasparenti certificate per bambini. Neanche le migliori aziende produttrici di dispositivi per adulti le hanno in catalogo.
Quindi l‘adozione è su base volontaria del Dirigente scolastico che si espone, in caso di contagio, “alla caccia all’untore”!
Navigando nel web, si troveranno descrizioni fantasiose sulla qualità dei materiali, facilità di pulizia ed ergonomia del design ma la certezza che siano efficaci contro il virus non è confermata.

Dagli schermi facciali (stile giardiniere) alle mascherine rigide in plexiglass, passando per le morbide in PVC con finestra e integrali non c’è rimedio: sono scomode o si appannano, non sono antivirus ma antiparticolato.
La caratteristica di certificazione infatti, si rivolge al processo produttivo e non alla certificazione di efficacia. Le ricerche continuano senza soluzione di continuità e i mesi passano
Dopo il battage di proposte tra Bergamo e l’Emilia Romagna, da giugno a settembre, l’attenzione è calata e l’acquisto in sicurezza sembra impossibile.
“Ho provato tutti i tipi di mascherine in commercio ma nessuna mantiene ciò che promette” dice Paola Parodi impiegata presso un noto istituto di credito e madre di Margherita, studentessa sorda, iscritta al primo anno di università.
“Mi sono rivolta alla Segreteria del Ministro dell’Università e poi al Rettore dell’Università di mia figlia ma sono ancora in attesa di una risposta esaustiva“, spiega.
“Il problema dell’inclusione e quindi dell’adozione di dispositivi idonei per i ragazzi non è affrontato e riguarda gli atenei come le scuole medie, superiori ed elementari”.
“Assistiamo ad un muro di gomma per soddisfare le esigenze dei nostri ragazzi, inclusi sulla carta ma messi di fronte ad oggettive difficoltà di apprendimento. Il loro diritto allo studio è compromesso in violazione di un diritto costituzionale!”

Sono scese in campo anche alcune associazioni fra le quali l’Associazione Luca Coscioni, Movimento Lis Subito ed Emergenza Sordi, ma la denuncia non sembra aver sortito effetti.
Possiamo auspicare una decisione saggia per il futuro?
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