(di Rinaldo Felli) – Il nuovo governo, figlio di un blasfemo inciucio tra due forze populiste diverse tra loro, sarà varato esclusivamente grazie all’astensione benevola/critica di Silvio Berlusconi, ovvero del protagonista principale del doppio film di Paolo Sorrentino: “Loro 1” e “Loro 2”, interpretato dal grande attore Tony Servillo.
Come ci viene descritto il Cavaliere, l’uomo che ha governato per tanti anni l’Italia, dal pluripremiato regista? Esclusivamente come uomo; il politico, il premier rimane ai margini di una storia a tutti noi assai nota. Sorrentino accende un faro, e lo fa con maestria che gli è riconosciuta, soffermandosi sui risvolti umani di un uomo dalle tante sfaccettature.
Ce lo descrive quale piazzista, un venditore che, per mettersi alla prova, riesce persino a vendere telefonicamente un immobile ad una sconosciuta. Anche come uomo altruista in quanto convinto che esserlo sia la miglior forma di egoismo.
Ma non manca l’uomo utilizzatore finale, il ricco signorotto con l’alito – “né profumato né maleodorante” – di un anziano e che ama circondarsi di un harem composto da giovani ragazze (anche minorenni), disposte a tutto pur di ottenere il loro attimo di fortuna.
C’è il Berlusconi marionetta, uomo a cui un potere oscuro rappresentato da un misterioso puparo chiamato Dio, ha delegato di proteggere i propri interessi e a cui la moglie Veronica Lario (interpretata da Elena Sofia Ricci) chiede con insistenza, ma senza ottenere risposta, l’origine del suo patrimonio.
C’è il Silvio marito ancora testardamente innamorato che cerca di riconquistare la disillusa consorte.
C’è l’uomo del fare, che confessa di voler fare per non essere oppresso dal senso di vuoto, dalla paura di invecchiare.
Ed ancora l’affabulatore, il persuasore, il narciso cantante da pianobar che rapisce l’attenzione dei suoi adulatori cantando “Malafemmena” (memorabile interpretazione di Servillo che riesce ad obnubilare la propria napoletanità a favore di un vago accento meneghino).
E poi ancora l’uomo bimbo posseduto da un enorme complesso d’inferiorità che si trastulla nella sua villa/castello incantato giocando con la giostrina ed il vulcano.
Ma soprattutto Sorrentino, grazie ad una frase pronunziata da Veronica durante l’ultima e definitiva litigata con il marito, ce lo sintetizza come “una lunghissima ininterrotta messinscena”.
Nella memoria rimangono impresse due scene iconiche che rappresentano metaforicamente le conseguenze della “lunghissima ininterrotta messinscena”: nella prima un camion dell’immondizia nel tentativo di evitare un topo (volgarmente zoccola) finisce per inondare la grande bellezza dei Fori Imperiali di merda e di ogni altra nefandezza.
La seconda scena, forse anche una citazione felliniana, ci mostra la statua di un Cristo morto, umiliato, offeso, che viene recuperata da una chiesa distrutta durante il terremoto dell’Aquila e adagiata sulle macerie, così come il corpo della nostra società che viene abbandonato su ciò che resta dell’Italia.
Chissà se quel “Loro”, titolo del film, oltre che identificare quelli che hanno fama, soldi e potere rappresenta anche i milioni di noi che ambiscono ad essere come “loro” e che per ottenerlo si sono resi complici di tanta distruzione?