Veronica, tecnico faunistico; Vittoria Rosa, evoluta nonna ultraottantenne; e Ileana, giornalista televisiva in cerca di scoop. Sono le tre improvvisate detective piemontesi catapultate al centro di un giallo feroce con omicidi e assassini senza scrupoli e il rapimento di una bambina. L’ambientazione, inedita, è nella Val Pellice, sulle montagne abitate dai valdesi, “una storia di fantasia in una cornice reale, con personaggi autentici anche quando inventati”. Così presenta il suo primo libro “Il foresto” (Piccola Biblioteca dell’Immagine, pag. 220, 14 euro) Gabrio Grindatto, titolare di uno storico e bell’agriturismo sulle falde ombrose di una montagna a Torre Pellice, la zona al di là del fiume chiamata “L’inverso” perché poco raggiunta dai raggi del sole.
Grindatto, che trasmette l’amore per la natura e gli animali ai suoi ospiti e alle scolaresche, si è lasciato da qualche anno travolgere anche dal demone della scrittura. Ne è nata una storia con i contorni del thriller e personaggi pensati per un serial, quasi un contro altare nordico ai più famosi commissari o avvocati con salde radici meridionali.
Stavolta è una donna la protagonista, Veronica Gaydou, esperta di boschi e tracce lasciate dagli animali, figura immaginaria ispirata ad una omonima realmente esistente, che ha talmente apprezzato il personaggio da regalarle il cognome. Veronica viene coinvolta, suo malgrado, nelle ricerche di una bambina scomparsa dalla scena di un atroce triplice omicidio, durante il quale le viene uccisa la mamma. Attenta osservatrice dei dettagli della natura, dotata di perspicacia ed intuito femminile, Veronica riesce ad individuare le tracce lasciate dagli uomini e le incongruenze capaci di svelare gli inevitabili errori commessi da ogni criminale al centro di un giallo che si rispetti.
Sullo sfondo, come pallide comparse, gli uomini: carabinieri che brancolano nel buio delle indagini, che muoiono e rinascono mentre provano maldestramente a corteggiare, padri chiassosi che frequentano ragazzine troppo giovani o ancora peggio (per non svelare troppo l’intrigo). Le altre due donne, l’arzilla nonna e la televisiva d’assalto, sono un contorno simpatico ed utile ai fini della storia, anche se incappano a volte in esagerate e irrealistiche trovate pensate per far esplodere i vari colpi di scena.
Ben scritto, con mano garbata e stile gentile, quasi antico nell’uso di alcune metafore, il romanzo ha il pregio di catturare facilmente l’attenzione e procedere in maniera leggera e fluida. Forse avrebbe avuto bisogno di un occhio più attento nell’editing, soprattutto di virgole e punteggiatura. La peculiarità dell’ambientazione montana e l’originalità dei personaggi lo rendono sicuramente un testo consigliabile per una lettura piacevole e vacanziera. Anche perché le tre detective, dopo aver trovato i primi lettori avranno forse – confida con una chiosa intimista l’autore – voglia di vivere nuove avventure.
P.S. Curiosi di sapere cos’è “il foresto”? Quando si portavano le bestie all’alpeggio si saliva lentamente durante la primavera, utilizzando delle tappe intermedie. In questi posti, a metà strada, veniva costruita una casetta chiamata in dialetto locale “fourest”. A chi leggerà il romanzo il piacere di capirne il senso all’interno della storia.