di Massimo Lavena – Il cattivo gusto è quella cosa che a seconda di come lo guardi può anche apparire una cosa bella e divertente. Ma se ti fermi ad osservare senza neanche tanta attenzione, scoprirai che il cattivo gusto è tale quando lo schifo ed il nesto che produce nell’animo raggiunge l’odore del compost fermentato, del curry bruciato, della loffa in ascensore.
Sì questo è il sentimento che si prova osservando le pubblicità per le mascherine sanitarie di alta moda per le prime comunioni.
Ma siccome noi parliamo di cose belle e buone notizie, per compensare oscenità ricamate e pretestuose per lucrar sul sacro come i venditori del tempio, pubblichiamo colori, frutta e bonbon in allegria per la gioia di grandi e piccini.

Verrà un arcangelo che riporterà con la sua lama infuocata la giustizia sulla terra anche per questo abominio.
Abbiamo già visto le mascherine in tinta e style per gli abiti da matrimonio, ma ciò che ripugna è il fatto che un mezzo di protezione sanitario e salvavita possa essere oggi usato anche per un sacramento che è uno dei mezzi con i quali il popolo di Dio ha cancellato le differenze di stato.

Da dove nascon le suorine ed i fraticelli delle parrocchie che coloravano e uniformavano il sacro rito della prima comunione?

Dall’urbanizzazione popolare e medio borghese del dopoguerra, che avvicinò genti di varia genìa e provenienza senza distinzione di ceto davanti a Nostro Signore. Almeno davanti a lui i bambini erano tutti uguali, con le loro vestine candide o marroncine, a seconda della famiglia religiosa o dell’impronta del carisma di riferimento del santo protettore della parrocchia.
Tutti uguali, e le vestine spesso erano date direttamente dalla parrocchia, onde non porre possibilità di trini, merletti, arzigogoli e taffettà inappropriati che distinguessero il lignaggio familiare.
L’osceno collettivo dello sfoggio di abiti da gran sera nelle liturgie parrocchiale era, è e sarà sempre una offesa alla sacralità dei luoghi e delle azioni che si compiono.

Il punto è uno: davanti ai morti del Covid-19, che non ci ha ancora liberati, che si giunga a ipotizzare di lucrare sulle mascherine forzandole a diventar eucaristiche, è proprio di cattivo gusto.
Speriamo che torni presto il tempo delle labbra libere e rosse, dei rossetti folgoranti, dei baffi a vista, delle bocche spalancate a prender aria, delle lingue a spernacchiare o turbinare in baci ardenti di passione.
E che le mascherine, nobili oggetti protettivi per chi ne ha bisogno a lavoro negli ospedali, nelle autoambulanze, nelle fabbriche, negli archivi, nei cantieri, ritornino al loro ruolo primigenio.
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