di Massimo Lavena – Alla Casa Bianca ci sarà di nuovo una presenza pelosetta: dopo quattro anni in cui gli animali domestici (tradizione storica dell’abitazione dei presidenti degli Stati Uniti d’America) erano stati banditi dall’amministrazione di Donald Trump, ora, con il nuovo presidente Joe Biden, non solo ritornerà un cane, ma due, e uno di essi sarà per la prima volta nella storia della Casa Bianca un cane adottato da un canile. Oh, Joe Biden, 46mo presidente degli USA, se ci piacevi prima, con questo cane hai conquistato i cuori di tutti gli umani che hanno cani o gatti adottati dai rifugi.

Che non sembri irrispettoso l’incipit di questo pezzo, ma aver vissuto questi ultimi giorni zappando ferocemente tra Fox News, Cnn, Bloomberg, AP, Rainews24, Sky, Bbc world ha dato la stura ad una fagocitante furia di informazione pulita, libera, incandescente: fino alla vittoria ottenuta con esplosioni – quasi surreali – di gioia per le strade, con la comunità afro-americana che ovunque festeggia, sancendo un’amicizia storica con Biden.

Una gioia divisa da inferriate per non far entrare in contatto i supporter del vincitore democratico con quelli dello sconfitto repubblicano.
Danze e canti al ritmo di rap e hip hop, soul blues cantato a squarciagola da gente felice perché son terminati quattro anni che hanno selvaggiamente spaccato in due la società statunitense, parcellizzata tra le mille etnie, le mille religioni e le mille teste, ma al contempo incrociate tra loro, generanti ogni giorno nuove idee, nuove speranze, nuove volontà di lotta per emergere.
La sconfitta del former president Donald Trump è la sconfitta dell’arroganza, del rifiuto del riconoscere la sconfitta elettorale, dell’assenza di empatia verso i più deboli, della chiusura alla diversità: trascinato dal suo ego fatto di personalizzazione totale del ruolo del presidente in una Nazione che paga quotidianamente dazio alla spaccatura sociale, neri contro gialli, bianchi sassoni contro bianchi latini, caraibici contro latinos, e poi tutti più o meno contro i native americans e le loro giuste recriminazioni storiche.

Trump è, era e resterà rappresentante di una teoria esplicita della rozzezza, della pochezza culturale, dell’elogio della sgrammaticatura, che tanto stiamo subendo in Italia in questi anni, emblema dell’ostentazione a ogni piè sospinto, lui che si beava a farsi fotografare davanti ad armadi con pile di banconote e che tante ne ha perse in azioni di speculazioni fallite, senza rispetto per chicchessia, uomini, donne al suo zerbinico servizio: un presidente che non era un leader di partito e dal suo partito è stato progressivamente abbandonato.
Il presidente emerito ora rischia: rischia l’oblio che subiscono i cattivi interpreti dei cattivi del cinema, ma soprattutto rischia l’assalto di molti giudici federali che si stanno sfregando le mani all’idea, finalmente, dopo quattro anni di immunità, di poterlo giudicare per una lunga serie di accuse soprattutto di natura finanziaria e fiscale.
Lui dovrà confrontarsi con il Paese che ha trasformato in una frontiera, senza speranza e chiusa da muri e filo spinato, il contrario di ciò che sempre il mito della frontiera ha rappresentato per chiunque giungesse negli States con la voglia di lavorare, creare, sognare.

Ora si riparte, da quel cagnolino adottato che è emblema di un vecchio uomo politico, forse non eccelso nella sua forza dirompente come Obama di cui fu vice presidente.
Non giovane (quasi 78 anni) come lo era Clinton, non fascinoso e maestro di stile come fu J.F. Kennedy, che con lui divide la fede cattolica ed il sorriso, quello sì coinvolgente e largo. Sincero. Quel sorriso che Joe Biden ha sempre offerto, accompagnato dalla sua sposa Jill “Giacoppa” Jacobs, figura culturalmente di grande livello, che ha fatto dell’insegnamento scolastico ed universitario una missione.

Nei prossimi quattro anni la professionalità e i sorrisi delle donne democratiche sapranno aiutarlo: a cominciare dalla prima Vice Presidente donna, afro-indo-caraibica, l’esplosiva Kamala Harris, figlia di immigrati, ma nata negli States – per esser Presidente degli USA si deve essere nati sul suolo statunitense –, che potrà crescere ed esser pronta per le elezioni del 2024, come logica pretendente a quel trono della Casa Bianca che è tempo sia appannaggio di una donna, di qualsivoglia colore e origine essa sia.
E il folgorante smoking bianco con il quale si è presentata sul palco di Wilmington, nel Delawere, per il suo promo discorso, è un simbolo di luce che spazza le tenebre.
Joe Biden sarà aiutato anche dall’appoggio critico di Alexandra Ocasio-Cortez, deputata democratica di origine portoricana, voce acuta dei latinos e nel 2018, a soli 29 anni, fu la più giovane donna ad esser eletta nella storia del Congresso degli Stati Uniti: lei ha già richiamato Biden alla necessità urgente che i Democratici riprendano a considerare attentamente le necessità dei cittadino ispanici, che in maggioranza hanno scelto di votare per Trump in molti Stati, Florida e Texas tra tutti.

Joseph Robinette Biden Jr., noto Joe, è cattolico, aperto al dialogo ecumenico, e sposo di una italo-americana presbiteriana, una combinazione decisamente in controtendenza, storica e sociale, che chiama nuove indicazioni di pensieri e di atteggiamenti da settori di popolazione non corrispondenti allo “waspismo” estremo, di vaga profumazione KKK che tanto ha rialzato la testa in questo ultimo quadriennio.
Kamala Harris sarà una eccellente studentessa, che potrebbe doversi scontrare con la figlia del presidente emerito dal ciuffo aranciato, Ivanka (nome degno di una soldatessa dell’Armata Rossa durante la battaglia di Leningrado), che potrà fare tesoro dei motivi che hanno fatto perdere il padre.

Mentre giungono a Joe Biden le congratulazioni dai leader politici di tutto il mondo, a Washington nella stanza Ovale della Casa Bianca, un uomo sconfitto si rode il fegato pensando alle colpe che ha scontato con il voto di queste elezioni, per aver spaccato il suo Paese di cui è stato un presidente divisore e chiuso ad ogni confronto.
“Nonno Joe”, che è il più anziano presidente neo-eletto tra i 46 President of the United States of America, nato balbuziente, e che la balbuzie ha vinto da ragazzo, adesso attenderà il lungo tempo del passaggio di consegne del potere presidenziale, ci saranno leggi inique da rivedere, ci sarà da riappacificare un grande Paese, e poi sarà bellissimo.
E non è un sogno. That’s America!
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