Giulia Baita è una insegnante di Lettere del Liceo Artistico e Musicale “Foiso Fois” di Cagliari. Docente esperta, ha insegnato in varie scuole e diverse località della Sardegna. Ha deciso di scrivere al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per la passione, la forza e le questioni che Giulia Baita pone al nostro Presidente, che è garante della Costituzione e rappresenta l’unità nazionale, riteniamo doveroso pubblicare questa lettera, inviata all’indirizzo ufficiale telematico del Quirinale.
Gentilissimo Presidente Mattarella,
sono una insegnante di Lettere delle Scuole Superiori e insegno da 28 anni. Amo la scuola e vivo questo mestiere come una missione. Nonostante i deficit e i problemi, la scuola resta un baluardo di umanità, un luogo di crescita e di rispetto degli individui.
A prescindere dal colore della pelle, dalla religione, dalle condizioni economiche, dall’orientamento sessuale.
Nella mia classe ci sono ragazzi appartenenti a cinque etnie: un ragazzo russo, uno thailandese, uno nigeriano e una ragazza peruviana. Tutti gli altri sono sardi, o meglio italiani. Perché noi amiamo l’Italia, ma non ci dimentichiamo mai di essere sardi.
Ho letto che vengono chiusi i centri di accoglienza per gli immigrati e i bambini vengono portati via dalle scuole in cui erano inseriti.
Io so cosa vuol dire per un bambino o un ragazzo stare in un gruppo classe e so che è importante che tutti i bambini si sentano accolti. Lei, signor Presidente, cosa ne pensa?
Io mi trovo in seria difficoltà a spiegare ai miei alunni che appartengono a cinque etnie diverse come sia possibile che ci siano ragazzi di serie A e ragazzi di serie B, ragazzi che vengono accolti in una classe secondo un programma di recupero delle difficoltà familiari, dei problemi di appartenenza e non appartenenza, e altri ragazzi che invece vengono spostati, mandati via, sradicati (di nuovo) da un ambiente dove noi, italiani per bene, li avevamo accolti.
La nostra realtà è multietnica. Che ci piaccia o no.
Noi non siamo solo cittadini italiani, ma siamo cittadini europei e cittadini del mondo. Insegno questo ai miei alunni da 28 anni e i miei “vecchi” alunni possono testimoniarlo.
Tutto il mondo è casa nostra. E fino a quando non non ce ne renderemo conto, non potremo affacciarci al futuro, al nuovo millennio. Non potremo neppure guardarci negli occhi.
Certa di avere la sua comprensione, la saluto cordialmente.
Giulia Baita