(di Marie Noelle Urech) – La conversione della nostra quotidianità verso i contatti on line, le video chiamate portano sicuramente dei benefici sul piano della gestione del tempo e dell’economia, ma porta via un aspetto essenziale per l’essere umano: il contatto fisico.
La presenza fisica, il corpo ci permette di comunicare con l’altro, sia attraverso un tocco, una stretta di mano, una carezza, un abbraccio, sia attraverso il campo sottile del corpo che trasmette sensazioni ed emozioni che le sole parole non possono evocare.
Il contatto interpersonale, nel bene e nel male, può determinare i “percorsi” della nostra esistenza.
La nostra personalità, la stabilità emotiva, le attitudini verso l’esperienza e la nostra salute fisica ne verranno profondamente influenzati.
Non c’è fase della nostra vita in cui la presenza o l’assenza del contatto non si faccia sentire, dal momento in cui veniamo al mondo, a quando arriva la nostra ultima ora.
Tutti ricordiamo il momento magico in cui abbiamo respirato l’odore di nostra madre, sentito il calore della sua pelle e la magia instaurata dal primo sguardo; ricordiamo anche la sua mano che faceva passare «la bua» come d’incanto.
Chi ha vissuto l’assenza di tale contatto, ne porterà lo stigma nella sua vita affettiva.
Chi non ricorda con piacere la tempesta di emozioni del primo bacio, il calore delle mani della persona amata, l’abbraccio totalizzante di due amanti che si ritrovano dopo una lunga assenza?
Il contatto fisico e la vicinanza sono cure inestimabili per un malato che accompagniamo, così come lo sono la presenza calma e compassionevole al capezzale del morente, la mano sulla sua mano.
La fisicità del contatto è fondamentale per la nostra sopravvivenza.
Il contatto tra due persone ha la proprietà unica di essere reciproco; non si può toccare un’altra persona senza esserne toccati a propria volta.
Esso stabilisce una connessione così profonda da sincronizzare la fisiologia di due individui e può portare ad uno stupefacente rilascio di endorfine (analgesico) o di ossitocina, (l’ormone dell’amore).
Non dobbiamo permettere alla tecnologia, così utile da una parte, di sostituire la relazione fisica tra due persone.
Chi ha visto il film Lei (Her) di Spike Jonze, ne avrà avuto un’idea.
È il contatto che ci rende umani.
La quarantena ci priva di questa prerogativa ed esiste una minaccia reale che, dopo il coronavirus, la nostra capacità naturale di relazionarci, di toccarci, di amarci venga meno, sia per un retaggio della paura del contagio, sia per i cambiamenti inevitabili che avverranno nel mondo del lavoro, portando milioni di individui a lavorare con i PC da casa.
Ricordiamoci della nostra vera natura, amorevole e connessa alla natura di milioni di altri esseri, conosciuti o sconosciuti che siano, ma che condividono le stesse esperienze e bisogni di essere amati e di amare.
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