Le pipette da laboratorio, protagoniste del nostro articolo di oggi, si trovano in tutti i laboratori e sono indispensabili per misurare con alta precisione il volume di un liquido.
Senza questo strumento di misurazione, infatti, sarebbe difficile immaginare anche le operazioni più semplici; il corretto dosaggio di una sostanza è molto importante per l’esecuzione di esperimenti e per la preparazione di soluzioni, reazioni, ecc.
Qui di seguito, discuteremo delle caratteristiche delle pipette e capiremo quali sono i modelli più comunemente usati nei laboratori.
Le pipette da laboratorio: caratteristiche generali
Le pipette sono dei lunghi tubi cavi che presentano un beccuccio più sottile a un’estremità. A seconda della loro capacità, sono disponibili di lunghezze e diametri diversi, ma queste misure non influiscono in alcun modo sulla qualità e sulla precisione della misurazione.
Questi strumenti vengono usati principalmente per la misurazione del volume e per il dosaggio di liquidi e sono importantissimi per condurre esperimenti e lavori di routine nei laboratori di medicina, biologia, chimica e molte altre sfere.
Le pipette da laboratorio sono spesso realizzate in vetro borosilicato o in speciali materiali plastici (come le pipette Pasteur monouso) con un’elevata resistenza alle alte e basse temperature e agli agenti corrosivi. Purtroppo, non sono altrettanto resistenti agli urti e devono quindi essere maneggiate con cura.
Come viene prelevato e misurato il liquido
Le pipette possono essere suddivise in due grandi categorie: quelle con bulbo e quelle senza bulbo. Con la parola “bulbo” si indica la parte morbida attaccata all’estremità opposta al beccuccio che, quando premuta e rilasciata, permette di risucchiare le sostanze all’interno del tubo della pipetta. Nella maggior parte dei casi, il bulbo è fatto di gomma, PVC o silicone.
Quando presente, è sufficiente immergere il beccuccio nel liquido e premere il bulbo per recuperarne una porzione. In un secondo momento, basta fare nuovamente pressione su questa estremità per rilasciare la sostanza prelevata, proprio come succede con i comuni contagocce.
Per le pipette senza bulbo, invece, l’estremità opposta alla punta è vuota; per recuperare il liquido bisogna immergere lo strumento e coprire il foro con il dito. Togliendo il dito, il liquido raccolto verrà rilasciato.
Quasi tutte le pipette hanno una scala graduata stampata o incisa sulla loro parete esterna che consente di misurare il volume del liquido raccolto in cm cubi o ml. Altre, come quelle elettroniche usate ormai anche nell’alimentare e nella cosmetica, ad esempio, permettono di misurare il volume delle sostanze grazie a dei sensori e a un display esterno o inserito nel corpo dello strumento stesso.
I principali tipi di pipette
Una volta scoperto come funzionano le pipette, vediamo quali sono i modelli più comunemente usati in laboratorio.
Le pipette contagocce hanno una forma arrotondata, presentano il bulbo e spesso non sono graduate. Questi strumenti non vengono utilizzati per misurazioni precise, ma semplicemente per il prelevamento delle sostanze, come i solventi, oppure nella vita di tutti i giorni, per i farmaci.
Le pipette di Mohr (anche chiamate “pipette nominali”) prendono il nome dal loro creatore. Pur essendo strumenti di misurazione, non sempre presentano una scala graduata; a volte hanno solo un segno, una tacca che indica il volume nominale da raggiungere. Per indicare questo volume, i produttori utilizzano spesso la codifica a colori: ad esempio, il giallo indica gli strumenti per 1 ml, il rosso per 5 ml, il bianco per 25 ml e così via.
Le micropipette sono strumenti di misurazione che vengono usati per esperimenti chimici o lavori microbiologici con microdosi di liquidi con un volume da 1 a 1000 µl. Sono spesso di vetro e monouso.
Infine, le pipette Pasteur vengono utilizzate esclusivamente per raccogliere i liquidi. Non sono graduate e hanno un beccuccio molto lungo e sottile e un grande bulbo che permettono di raggiungere facilmente anche il fondo dei contenitori.