È affascinante osservare le ondate di forme pensiero che guidano le masse. Questi ultimi due anni, il cibo è al primo posto nei mass media. Dilagano trasmissioni televisive con i vari chef, senior, junior ecc. Ci sono cucine da incubo da sistemare, e le braccia conserte “alla Cracco” sono diventate una icona da imitare. L’Expo di Milano, incentrata sul cibo, veicola messaggi molto ambigui: da una parte un pensiero ideale rivolto al futuro e alle riserve di cibo per sfamare l’umanità, e dall’altro, la sponsorizzazione dell’Expo da parte delle maggiore multinazionali dell’Agroalimentare, proprio quelle che tirano le sorti economiche del futuro alimentare del mondo con le manipolazioni OGM, le culture intensive, il land-grabbing in Africa.
Se c’è un’ industria che non scomparirà facilmente dalla nostra civiltà è quella del cibo, un bene primario trasformatosi nel tempo in una cultura sociale, poi in un parossismo consumistico, e infine, in una ossessione. Avete notato quanto la gente ama parlare di cibo mentre mangia? Origliando i piccoli gruppi di persone che chiacchierano per strada, nelle palestre, nei bar, ovunque, quasi sempre i temi ruotano attorno ai soldi, al cibo e al calcio. Le licenze dei politici non destano più alcun scalpore e ciò è preoccupante.
La cosa è scioccante in una società dove si buttano ogni giorno tonnellate di cibo (eccedenze dei supermercati, dei ristoranti, delle comunità ecc). Mentre si disquisisce sul colore delle carote antiche (mi pare violaceo prima di diventare arancione) o sull’apertura dell’ultimo McDonald o un suo emule italiano, le pance e i menti raddoppiano, i bambini diventano sempre più obesi, le palestre sono affollate; ma soprattutto a milioni di esseri umani continuano a mancare le fonti primarie della vita: acqua e cibo. E questi vivono proprio in quei paesi dove le grandi Multinazionali occidentali si appropriano dei loro terreni per le colture intensive di cereali e per i pascoli di enormi mandrie. Come se non bastasse, ettari di Foresta amazzonica vengono abbattuti per creare altri campi di cereali e altri pascoli. Poi l’Occidente si preoccupa di dovere sfamare miliardi di persone! Non è la produzione sterminata di cereali e di foraggio che sistemerà le cose. Farà solo guadagnare molti soldi a pochi, lasciando immutato il problema dei popoli denutriti.
Dovremmo essere gli ultimi a farci ossessionare dal cibo e dal mangiare, vera prerogativa di chi mangia una manciata di riso a settimana. Ragioniamo e ci comportiamo come se fossimo sull’orlo della sopravvivenza, derubando della loro dignità le popolazioni povere del mondo! Senza accorgerci poi che entriamo anche noi nella catena alimentare, “alimentando”(mi si passi il gioco di parole) altre industrie della filiera per curare la gotta, il colesterolo, i sistemi digestivi oberati, l’obesità, il diabete, le allergie, la celiachia e altre forme più o meno perniciose.
Siamo i grassi burattini di un sistema ingannevole, contro altri burattini magri che deprediamo. È chiaro che la rivoluzione “copernicana” che tutti agogniamo, difficilmente potrà attuarsi quando si ha lo stomaco pieno! Le grandi rivoluzioni sociali e politiche sono sempre state mosse dal morso della fame. Il Panem et circenses dei Romani veniva sapientemente usato da loro per addormentare il popolo e renderlo manipolabile. Succede la stessa cosa oggi: cibo ad nauseam e calcio (non quello chimico!).
Un vero cambiamento con la pancia piena e le braccia conserte non è possibile! Vanno recuperate le forze della Necessità, le uniche che irrompono e distruggono ogni schema. Non leggete estremismo nelle mie parole ma soltanto un invito a trovare la nostra vera misura di esseri umani senza lasciarla esaurirsi in cucina o al ristorante!