di Margherita Vetrano – Con la nuova ordinanza, a partire dall’11 novembre 2020, altre cinque Regioni Italiane (Umbria, Toscana, Abruzzo, Liguria, Basilicata) sono state chiuse, rendendo impossibili gli spostamenti se non in transito verso quelle ancora aperte.
Le Regioni sono state contraddistinte da colori a seconda del grado di libertà di movimento tra Regioni e all’interno della stessa.
Rosse le Regioni in lockdown, gialle quelle ancora aperte.
Che rimarranno tali non si sa per quanto ancora.
L’emergenza sanitaria nazionale globale ci ha proiettati in un’Italia “a colori” che non avremmo mai voluto vedere.
Che a quanto pare è l‘unico compromesso possibile per evitare un nuovo lockdown.
In questo modo si recidono le relazioni familiari e affettive di chi abita fuori Regione.

Le Regioni chiudono ma sopravviviamo al distacco cibandoci degli ultimi contatti condivisi.
Chi ha avuto l’opportunità di un’ultima gita la serberà tra i ricordi più cari per i prossimi mesi.
Opportunità o sesto senso di essere nel posto giusto al momento giusto, non un giorno di più nè uno di meno.
E’ difficile riuscire a prevedere quanto potrà accadere soprattutto se questo si verifica da un giorno all’altro perchè alla libertà ci si abitua e si apprezza solo quando viene negata.
Viviamo il nostro tempo con naturalezza ma se lo facessimo con l’avidità del condannato riusciremmo ad apprezzare il più piccolo dettaglio e viverlo fino in fondo prima ancora di perderlo.
Carpe Diem.

E’ così che ha vissuto chi ha incontrato amici e parenti fuori Regione, in quelle Regioni ora chiuse.
Forse in modo inconsapevole ma il loro ricordo, oggi, avrà il profumo ancora fresco dei biscotti appena sfornati.
E rimarrà impresso quell’ultimo saluto, come lo sarà quell’ultimo sguardo carico di speranza in un arrivederci dilatato nel tempo.
Una nostalgia per il tempo vissuto ed un ricordo di quanto strappato ai fatti, che ha il sapore di un tempo che fu, quando non c’era “Ciao” ma solo “Addio”.
Quando ogni separazione era un piccolo lutto nella speranza di rincontrarsi un giorno. Un’abitudine che rendeva normale la distanza e tollerabile la mancanza.
Era logico vivere l’attesa sospesa nei mesi, in condivisione di un sentimento che si sarebbe cementato e scambiato in futuro.

E’ bene riappropriarsi di questa caducità e comprendere che tornerà quell’incontro anche se non è dato sapere quando, vivendo nell’attesa di un nuovo sguardo carico di emozione.
Che non sia filtrato da uno schermo ma denso e diretto attraverso la stessa aria condivisa.
Così affronteremo i prossimi mesi, cullando il ricordo di un ultimo incontro denso e ricco seppur inconsapevole.
L’abitudine può essere spazzata via in pochi istanti e bisognar reinventare una nuova quotidianità. Ognuno nel suo ambito, certi che il momento contingente passerà.
Separati eppure vicini, stretti a un sentimento comune che renderà più forte il legame, affrontando la distanza nel tempo e nello spazio come una bolla nelle proprie esistenze.
Torneranno gli incontri, gli spostamenti, i viaggi. Non ora, non domani ma torneranno.
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