(di Agnese Malatesta) – La vita col rischio di contrarre il coronavirus, nelle case, a scuola, nei supermercati. E la vita col virus già manifesto, negli ospedali, nelle terapie intensive. Due momenti, due esperienze umane, con le inquietudini del caso: progetti irrealizzabili, aspettative deluse, sogni rimandati, paure e dolori.
E’ in queste ambientazioni che si collocano i racconti – alcuni immaginati, altri ispirati a storie vere – di ‘Quarantena. 14 storie ai tempi del Coronavirus’ di Leonardo Gaglio.
14 storie come i giorni fissati per la quarantena: sette storie inventate ma possibili, dove il virus esiste seppure lontano, e tuttavia pesa nelle vite dei protagonisti. E sette storie calate nei reparti ospedalieri, nella sofferenza profonda di chi in prima linea – pazienti, medici e infermieri – fa i conti direttamente con virus.
Storie che non si contrappongono le une con le altre ma offrono la lettura di un duplice scenario; come duplice è la formazione dell’autore che le ha pensate, che non è solo narratore ma anche medico.
Leonardo Gaglio, 30 anni, origini siciliane, medico all’Accademia Navale di Livorno, un mese e mezzo di servizio volontario nell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dalla metà di marzo quando era piena crisi sanitaria, ha scritto le prime sette storie all’inizio del lockdown, immaginando come il Covid-19 poteva essere entrato nella quotidianità, anche banale, delle vite delle persone.

Come in quella del quattordicenne, prossimo alla licenza media, che non riesce a dichiarare il suo amore alla compagna di scuola e rinvia speranzoso all’occasione propizia di una gita scolastica che non arriverà perché annullata; o del giovane Marco che vuole fuggire lontano dalla famiglia perché l’isolamento in casa rende inaccettabile il già pesante conflitto fra i genitori; o della 35/enne Francesca che si vede costretta a rinviare a chissà quando l’illusorio incontro con un principe azzurro.
Storie che lasciano poco spazio nell’immediato alla speranza perché è la vita che si blocca con la presenza del virus e ciò che prevale è il rispetto delle norme sull’isolamento e la paura del contagio.
Nelle storie calate in ospedale, Gaglio ricorre all’esperienza diretta. Prende spunto da visi e sofferenze realmente incontrati.
“Qui – dice – ho avuto la possibilità di toccare con mano quella realtà che spesso non arriva nella vita civile, ho avuto la possibilità di offrire le mie competenze all’emergenza e di crescere molto, come persona e come medico”.
Il racconto è anche un “modo per esorcizzare la paura e il dolore.
Il virus è stata un’occasione, certo tragica, ma utile per ripensare sé stessi, a dare il giusto valore alle cose e all’aspetto umano”.
Fra i volti che Gaglio non dimenticherà, quello di Luigi, 73 anni, un malato con un difficile percorso clinico e con cui il rapporto sul piano umano è stato emblematico.
“Per lui ho chiesto consulenze in tutta Italia finché un giorno è ritornato cosciente in mezzo a noi tutti. A lui ho regalato la maglietta della Marina Militare perché è stato un vero guerriero ed ora abbiamo in programma, appena possibile, un pranzo sul lago vicino casa sua”.
Nei reparti Covid-19, con i pazienti intubati i contatti si sono tradotti in carezze, in scambi di sguardi, in lacrime, a volte in sorrisi.
E in tanta stanchezza degli operatori, impegnati anche fino a 12 ore al giorno. “Gli infermieri – scrive il medico-scrittore – lavoravano in maniera estenuante, rimanevano in silenzio, non commentavano, ogni tanto li sentivo singhiozzare”.
Il libro si conclude con una 15/a storia, inaspettata, una “comunicazione a reti unificate mondiale” per un annuncio più che importante: “Abbiamo trovato la cura per il coronavirus. Solo oggi si può sancire la fine della pandemia”. Un annuncio per ora solo immaginato.
Il ricavato dell’acquisto del libro, possibile in rete (www.facebook.com/quarantena14storie), andrà al fondo nato per sostenere i familiari degli operatori sanitari vittime del virus.
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