di Patrizia Caiffa – Circus pride, ovverossia l’orgoglio circense, è un piccolo libro da leggere tutto d’un fiato per scoprire dall’interno i segreti di un mondo magico presente nell’immaginario di tanti bambini e adulti.
Uno spicchio di società che è anche fortemente in crisi ed è perciò costretto a sperimentare nuove forme di resilienza.
Scritto dalla giornalista Ilaria De Bonis per conto della Fondazione Migrantes (Tau editrice, 10 euro), Circus pride permette di entrare nel mondo dei circhi italiani per conoscere un’arte e un modo di concepire l’esistenza che ha tanto da insegnare, sotto molteplici punti di vista.
Concepito con l’afflato del reportage lungo, nell’arco di due anni e fino al lockdown per il Covid-19, l’autrice intraprende l’avventura della scrittura come un vero e proprio percorso di conoscenza, confidando al lettore le sue analisi, riflessioni, intuizioni.
Con lei entriamo la prima volta nel backstage del circo e poi ancora e ancora, fino a renderci conto che la curiosità iniziale si trasforma in innamoramento totale.
Con lei conosciamo le varie famiglie circensi italiane: i Vassallo, gli Zoppis, i Zavatta, il Circo Aqua, i Togni, gli Orfei, i clown, gli acrobati, i domatori e tanti altri artisti, maestranze e operai dello spettacolo viaggiante qui raccontate con attenzione e rispetto.

Con lei ci interroghiamo sulle difficoltà e le opportunità di questo vivere sempre in viaggio, in una sorta di spettacolo perpetuo, in una dimensione precaria ma arricchita dall’orgoglio dell’appartenenza.
“L’essere circo è come una religione identitaria”, spiega De Bonis:
Per i circensi noi siamo i “fermi”, un modello non invidiabile dal loro punto di vista.
Ilaria è introdotta dietro le quinte di questo mondo fatato da una sorta di mentore, Daniela Zavatta.
E’ affascinante scoprire come vivono sotto lo chapiteau personaggi quasi felliniani come Megan, la bimba cullata dagli elefanti, Holly e Mattew, una coppia di giovani acrobati inglesi, Bianca Bimba, la donna laser, il saggio indiano Kirpal Singh che confida le sue giornate con Dio, il clown filosofo Edek, i successi e le sventure dei fratelli Zoppis, don Mirko, il prete dei circensi, Rosy Zavatta, ottantenne veterana del circo, gli artisti cubani.
Nel libro vengono chiariti anche dubbi e perplessità sull’aspra polemica di questi ultimi anni, spinta dalle nobili intenzioni degli animalisti, riguardo alla presenza degli animali selvatici nei circhi: è in cantiere, a questo proposito, una riforma della legge del Codice dello Spettacolo, la n. 4652, che prevede il “graduale superamento” della presenza degli animali nei circhi e nelle attività dello spettacolo viaggiante.
A gennaio, inoltre, la Commissione Cultura del Senato ha approvato una risoluzione che ha come obiettivo il disincentivo dell’uso degli animali in pista.
Opinioni divenute fatti che hanno contribuito alla crisi e alla necessità di rinnovamento del mondo del circo, oltre al cambiamento di gusti e sensibilità da parte del pubblico.
Dalle interviste e dal racconto della De Bonis appare chiaro, invece, quanto i circensi amino gli animali di cui si prendono cura: sono parte integrante della loro famiglia, e la prospettiva di rinunciarvi completamente è un duro colpo, difficile da accettare.
Uno dei domatori, Denny Montico, racconta la tecnica che usa, chiamata “addestramento in dolcezza”, dalla quale è bandita ogni forma di violenza: “Nel momento stesso in cui picchi l’animale è finita – dice –: lui non ha più fiducia in te e tu non hai più mordente. Può aggredirti e hai rotto il patto di amicizia”.
Gli animali insegnano anche l’integrazione: “Non c’è predatore e non c’è preda: io metto le zebre accanto ai leoni e le giraffe vicino alle tigri, e nessuno aggredisce nessuno”.
Lo stile di cura degli animali sembra ripercuotersi anche sul modello di convivenza all’interno del circo, che unisce persone di diverse nazionalità e culture. Un esempio che può essere molto utile alla nostra società.
“Il messaggio che mi premeva comunicare – spiega l’autrice – rispetto a quanto appreso dai circensi, è che si può vivere insieme tra diversi, riuscendo nell’impresa immane della convivenza nonostante le difficoltà, a patto che si sia fortemente motivati. E che si mettano da parte le paure. La nostra paura è spesso priva di fondamento e frena il progresso…Ma i nostri mostri sono solo nella nostra testa: ce lo insegnano maghi, domatori e illusionisti”.
Secondo De Bonis “la parola magica per resistere alla tentazione dello sfaldamento, della divisione, dell’attrito, è rispetto. Questi uomini e queste donne ne possiedono molto nei confronti di tutti: stranieri, anziani, maestranze operaie, autorità, animali, pubblico”.
L’altra chiave di lettura che accompagna il lettore in questo viaggio è la gioia, che trapela dal racconto ma anche dalle bellissime foto di Francesco Maria Carloni, Chiara De Bonis, Mario Taliani e Liliana Ranalletta:
“Al circo si lavora divertendosi e si spezza il ritmo della fatica quotidiana, godendosi momenti di scherzo, di festa e di gioco”.
- Da qui la rivelazione conclusiva dell’autrice: “Trovare il giusto equilibrio tra commedia e dramma: ecco come uscire dall’intoppo dell’intolleranza“.
Con un invito esplicito a prendere esempio dal mondo del circo per costruire, in futuro, società multiculturali che considerano l’incontro tra diversi una ricchezza preziosa.
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