(di Massimo Lavena) – “Voglio mangiare il tuo pancreas” (Kimi no Suizō o Tabetai) dell’osannato autore di Anime Shinichirō Ushijima (autore della serie One-Punch Man, che se mia figlia sapesse che scrivo di queste cose si commuoverebbe) è un piccolo grande gioiello della smisurata produzione di fumetto animato giapponese.
Primo lungometraggio di Ushijima è una dolce storia di crescita giovanile tra ciliegi in fiore, amore, silenzi, solitudine e morte.
L’aver visto il film in una sala nella quale la media dell’età era forse 17 anni ed essermi concentrato tra una tirata di naso, un “io lo amo” e un “ma perché deve morire, è così carina” mi ha convinto di essere al posto giusto nel momento giusto per poter poi scrivere di un film che è tanto, tanto bello quanto drammaticamente pervaso di un freddo filo di morte che combatte con il caldo tepore degli affetti più profondi adolescenziali.
La storia, alla fine, è semplice: la giovane Sakura sa di non avere ancora molti mesi di vita, è gravemente ammalata, ma vive senza farlo sapere a nessuno. Solo il suo diario e la famiglia sanno. Ma l’ombroso, timido, solitario Haruki ( “ma perché non sei bello come lui, amore?“) lo scopre sfogliando le pagine di quello stesso diario, momentaneamente dimenticato in maniera non del tutto casuale da Sakura.
Inizia una nuova vita per Sakura e Haruki: di voglia di vivere il poco che resta e di volontà di aprire alla vita l’amato per Sakura e di volontà di aiutarla a star bene ed a divertirsi nell’amore che cresce per Haruki. Amicizia, amore, complicità, scoperta, gioia e dolore sconvolgente: saranno queste le tappe di una storia in due nella quale la morte di uno diventerà la svolta per aprire l’altro alla vita.
Non è mai semplice parlare di un film che è piaciuto, perché si rischia di esser ridondanti e ciechi. Ma “Voglio mangiare il tuo pancreas” è una di quelle occasioni nelle quali tutto è al proprio posto: la musica, i colori sfumati della primavera giapponese, i panorami delle città e delle campagne; il treno metafora della vita che corre veloce in un senso e nell’altro: la vita che non viene vissuta per un solo scopo ma per dieci cento mille, ogni giorno di più e con sfumature differenti; l’intreccio vita/morte che riempie ogni spazio della riflessione; la scuola, fulcro della vita giovanile giapponese; il ruolo delle tradizioni come legame dell’oggi, dello ieri e del domani.
La storia di Sakura e Haruki è immersa nel dramma ma non è drammatica nel senso popolare del termine: tutto è velato e coperto da leggeri petali di fiori di ciliegio, ed anche le lacrime copiose che bagnavano le gote dei miei compari di visione sembravano parte integrante del film.
In realtà erano anche loro nel film, anche io lo ero, ci sono stato attratto, ho ricollegato a Sakura un mio caro amico che lotta come un leone contro una terribile malattia . Ed ho pensato che, sì, cavolo! Sakura ha fatto tirar su di naso anche me, vecchio pirata irsuto dei cinematografi.
Trailer giapponese.
“Voglio mangiare il tuo pancreas” nasce nella mente e nelle parole del romanzo omonimo di Yoru Sumino, opera d’esordio e best seller da 2milioni e 600mila copie cartacee vendute nel solo Giappone. Il titolo fa riferimento alle teorie degli antichi che dicevano che per portare via la malattia bisognava con amore mangiare la malattia.
Quindi per Sakura il suo pancreas lo doveva mangiare Haruki. Diviene una dichiarazione di sfida alla vita ed una dichiarazione d’intenti di amicizia e amore. Haruki, il solitario offre a Sakura mille occasioni per spronarla, e da quegli stimoli lui può donarle ciò che lei cerca: non la pietà, non la cura che non esiste ma la “verità e la quotidianità”.
La corsa contro il tempo è una lista di cose da fare: ma non da sola, Sakura le deve, le vuole, le brama con Haruki. Da mangiare insieme a passeggiare, da cercare il proibito a vivere l’alterità come stimolo per il completamento reciproco.
La bellezza di “Voglio mangiare il tuo pancreas” è creata da un mosaico di frasi delicate e quasi senza senso, perché naturali, dai tratti ovattati. dai fondali, dai panorami con colori acquarellati.
Alcuni piccoli artifici stilistici regalano momenti di puro godimento al cinefilo, come quando il tratto tipico del fumetto giapponese si scontorna ed assume una naturalezza più marcata, come se dal pennarello si passasse repentinamente alla matita colorata e viceversa. Anche questo rende grande tutto il film. Che non ha un attimo di pausa eppure non è frenetico nella narrazione, anzi, scivola a tratti lentamente per cogliere anche il più piccolo dettagliatissimo particolare dei disegni.
La speranza è che possa ritornare presto nelle sale dopo la presentazione nell’ambito delle giornate degli Anime al cinema di Nexo Digital. Dal 21 al 23 gennaio scorso è stato veramente un soffio troppo rapido, sconcertante, come la morte di Sakura.
Ma questa è una voluta cattiveria per invogliare i lettori di B-hop ad andare a cercare, in dvd o in streaming, “Voglio mangiare il tuo pancreas“: perché tutto ha una sua fine e tutto ha un suo inizio in questo meraviglioso dono dell’arte cinematografica del Sol Levante.