Sono trascorsi 10 anni da quella notte, 9 luglio 2006: la notte in cui, all’Olympiastadion di Berlino, l’Italia, la nazionale più popolare, quella più amata, quella pù idolatrata si aggiudicò, per la quarta volta, il titolo di Campione del Mondo sconfiggendo la temutissima Francia.
Fu la notte in cui il telecronista della RAI, dopo l’ultimo, ansiogeno calcio di rigore tirato da Fabio Grosso, potè liberare al microfono un patriottico ed enfatico “Il cielo è azzurro sopra Berlino”. E’ la seconda volta che i Mondiali di calcio si stanno assegnando ai calci di rigore. I tempi regolamentari, come spesso capita nelle finali, non sono stati all’altezza delle aspettative, una rete per parte, piuttosto casuale e poi supplementari. Anche gli extra time riservano poche sorprese, l’unica vera grande emozione, è la famosa, per quanto scellerata, testata del più forte, del più celebrato dei campioni, del prestigioso Zinedine Zidane al modesto portatore di borracce Materazzi.
Nell’altra occasione in cui il Mondiale finì ai calci di rigore, quella del 1994 negli USA, a tirare quei maledettisimi penalty c’erano sempre gli azzurri d’Italia ma a sollevare la coppa furono altre magliette, quelle verde oro del Brasile mentre Roberto Baggio, il nostro fuoriclasse, l’ultimo rigorista, rimaneva pietrificato e a testa china davanti a quella porta che gli aveva rifiutato la gloria calcistica. Chissà se Fabio Grosso, nell’avvicinarsi a quel dischetto, porta con sè quel ricordo che fece piangere una nazione, chissà se, poggiando il cuoio, si sente il vendicatore designato dal fato, chissà se, mentre prende la rincorsa, gli appare la Dea alata della Vittoria che dal Tiergarten veglia sull’intera Berlino. Sta di fatto, che lui, un difensore, uno che era arrivato in Germania per guardare il mondiale dalla panchina, non solo fa un torneo straordinario ma soprattutto realizza il quinto, determinante, trionfale rigore.
Da quel momento, da quando la palla offende con cattiveria la rete avversaria è solo corsa folle. Quella dei giocatori tutti, da Pirlo al capitano Cannavaro, a Totti, De Rossi, Del Piero, Camoranesi che si abbracciano, piangono, esultano, portano in trionfo il loro “Cid”, l’uomo venuto dal mare, il Paul Newman italiano: Marcello Lippi. A quella dei tifosi che, dopo aver inveito contro tutto e tutti per più di 120 minuti, finalmente possono liberare la terribile tensione accumulata correndo ed abbracciandosi per le strade del paese intero. Un fiume di folla tricolore travolge statue, fontane, palazzi, riempie piazze di canti e suoni. Il giorno seguente, quando la squadra fa ritorno in Italia, quel fiume diviene un mare intero. Il pullman, che porta i Campioni del Mondo al Circo Massimo impiega ore per raggiungere il luogo dove, come in un rito pagano, la coppa viene sollevata al cielo da tutta una nazione.