di Agnese Malatesta – Al via la macchina degli aiuti umanitari alla popolazione di Beirut, gravemente colpita dalla violenta esplosione di martedì 4 agosto.
Le ong e le organizzazioni internazionali si stanno coordinando sugli interventi necessari a sostenere la cittadinanza, già gravemente provata dall’emergenza sanitaria del Covid-19 e dalla crisi economica che investe l’intero paese (il 60% della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà).
Nelle prossime ore è previsto un coordinamento che darà il via ad un piano operativo.
Si auspica anche un importante sostegno da parte della comunità internazionale.
Dai racconti degli operatori umanitari che si trovano sul posto, Beirut è una città devastata, in ginocchio.
La gente è sotto choc, quasi tutti in città hanno un parente o un amico coinvolto nella deflagrazione.
Nessuno è rimasto estraneo alla tragedia, né può sentirsi estraneo.
Nella zona prossima al fatto, i palazzi più vecchi sono crollati, i vetri di negozi e abitazioni sono andati in frantumi.
Danni si rilevano fino a 30-40 chilometri dal luogo interessato dall’esplosione. Migliaia di persone sono rimaste senza casa.
La solidarietà fra le comunità non si è fatta attendere, riferisce l’operatore della ong Terre des Hommes:
“Chi ha una seconda casa la sta mettendo a disposizione degli sfollati. Come anche si vedono annunci di alberghi per accogliere persone rimaste senza un tetto”.
Il porto è distrutto. E’ difficile pensare che possa essere operativo e accogliere merci e beni di prima necessità, utili alla vita delle persone, fortemente condizionata dalle importazioni.
Come nel caso del petrolio che serve per assicurare l’elettricità in casa, assicurata dal governo appena quattro ore al giorno; per le altre 20 ore si ricorre ad impianti privati alimentati appunto da benzina.
Altri beni, come i prodotti alimentari, potranno essere insufficienti.
Senza interventi di aiuto seri, Beirut rischia la fame.
E poi, l’emergenza sanitaria. Molti ospedali sono stati compromessi dall’esplosione e le strutture erano già provate ed in difficoltà a contrastare il coronavirus.
L’ong Intersos sottolinea la gravità del momento: “è davvero un brutto colpo per il popolo libanese. Avrà bisogno di molti aiuti”.
Subito dopo l’esplosione, fra i primi soccorritori la Croce Rossa Libanese, intervenuta in pochi minuti con 400 volontari e 45 ambulanze.
Per sostenere gli aiuti, la Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa ha attivato il fondo per le emergenze mettendo a disposizione circa mezzo milione di euro per la Croce Rossa Libanese e circa 250 mila euro per la Mezzaluna Rossa Palestinese in Libano impegnata nei campi profughi palestinesi a Beirut, danneggiati dall’esplosione.
L’intervento umanitario è al lavoro a pieno ritmo. Fra le tante attività in corso, anche la messa a punto da parte dell’Unhcr degli inventari di stock di materiali di cui poter disporre, secondo quanto riferisce il Cisp (Comitato Internazionale per lo sviluppo dei popoli) che nel Sud del paese collabora appunto con l’agenzia dell’Onu per i rifugiati.
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