di Claudia Babudri – Contrastare atteggiamenti aggressivi e violenti sulle donne educando all’empatia, passando per la conoscenza delle proprie emozioni, i propri sentimenti e i propri bisogni. È il fulcro di un corso gratuito, “I sentimenti degli uomini”, rivolto a uomini nell’ambito di un progetto volto a sensibilizzare sulla violenza di genere. Sono corsi gratuiti, che si tengono periodicamente da qualche anno, alla Casa del Volontariato di Ravenna per iniziativa di un’associazione di psicologi e psicoterapeuti, Psicologia Urbana e Creativa APS. Il progetto non trascura anche la formazione delle donne così da renderle attente alle dinamiche legate alla violenza maschile.
Oggi si celebra infatti la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“È un corso che sta avendo un certo successo”, come spiega la psicoterapeuta Giancarla Tisselli, una delle promotrici dell’iniziativa che ha il sostegno dell’amministrazione comunale, autrice del libro “Dalla rabbia alla gentilezza, Educazione ai sentimenti e alle emozioni” (Mimesis, Milano 2021). Diversi comuni, come Cesena, Cervia, Cesenatico, infatti hanno chiesto di poterlo ospitare nel proprio territorio.
Ma perché educare gli uomini ai sentimenti? Perché studi sulla violenza di genere richiamano questo bisogno.
“Si tratta di un meccanismo sociale cruciale, causa della posizione subordinata in cui sono costrette le donne”,
commenta Tisselli, che insieme ai suoi colleghi ha cominciato, una decina di anni fa, ad occuparsi dell’argomento avvalendosi dell’esperienza trentennale del centro “Alternative to Violence” di Oslo e dei suoi esperti giunti in Italia per tenere corsi di formazione.
È così cominciato un percorso di riflessione ed approfondimento con l’intenzione di rendere questi uomini consapevoli sugli stereotipi di genere, di cui è permeata la nostra cultura patriarcale. Proprio per questo – aggiunge – “siamo partiti dalla cultura cercando di creare contesti accoglienti in cui gli uomini si possano sentire di parlare liberamente dei propri pregiudizi e possano scambiarsi idee in modo da cercare loro stessi alternative all’uso della critica o della forza, spesso comportamenti legati alla violenza.
Perché alla violenza c’è sempre una alternativa”.
Educare ai sentimenti e alla loro gestione, quindi, ma non solo. Il corso si propone di informare sui modelli educativi e comportamentali con l’intento di sfatare pregiudizi e falsi miti sulle logiche della violenza. “Tra questi, – precisa la psicoterapeuta – “l’idea che nei grandi conflitti o nelle piccole liti domestiche la colpa sia di entrambe le parti. Si deve tener presente che se c’è un violento, un aggressore, c’è anche una vittima. Occorre anche fare distinzione per non creare vittimizzazione secondaria. Le donne e gli uomini hanno modi diversi di leggere il mondo e di stare nella vita: il modo maschile non è migliore di quello femminile, e non c’è una gerarchia di valore. Entrambi hanno pari importanza. Come psicoterapeuta junghiana propongo di lavorare anche coi simboli, linguaggio utilizzato dal nostro inconscio per leggere e agire nel mondo. Dietro la rabbia, infatti, ci sono altri sentimenti spesso inconsci ed è giusto cercare di scoprirli non cadendo in automatismi aggressivi appresi dalle generazioni precedenti. Infatti, nella rabbia, le nostre azioni non sono naturali bensì apprese e, come tali, soggette al cambiamento”.
A questo tipo di corsi, partecipano “uomini di tutte le classi sociali, accomunati dal bisogno di esprimere i propri sentimenti al fine di migliorare le relazioni”.

In un clima accogliente e non giudicante, gli esperti forniscono gli strumenti per una comunicazione positiva, assertiva ed empatica.
“Il punto di partenza del corso – sottolinea ancora Tisselli – “è un lavoro sulla conoscenza delle emozioni, quelle provate in situazioni di svalutazione. Illustriamo casi di maltrattamento, chiedendo ai partecipanti di condividere episodi in cui loro stessi sono stati protagonisti. Prendiamo anche scene tratte da un film per discutere di queste situazioni”.
Esistono risultati tangibili di questa esperienza? “Non è facile quantificarli” osserva l’esperta, anche se “in generale
notiamo un leggero aumento della capacità di riconoscere i sentimenti e di leggere le situazioni di maltrattamento psicologico.
Solo in pochi casi è stato possibile verificare una diminuzione reale dell’aggressività. A mio avviso, per ottenere un cambiamento è necessaria un’assidua psicoterapia individuale, un percorso terapeutico di anni, almeno due”.