di Agnese Malatesta – Al via, per la prima volta, la messa alla prova in un’associazione che si occupa di violenza sulle donne: i primi selezionati sono sei giovani, cinque uomini e una donna.
Il progetto, firmato Telefono Rosa, è frutto di un protocollo nazionale siglato lo scorso anno – che ora diventa operativo – fra la stessa associazione e l’ex ministra della giustizia, Marta Cartabia, curato dalla Direzione generale per l’Esecuzione penale esterna e di messa alla prova del Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità.

Nonostante le numerose richieste giunte a Telefono Rosa, per ora sono solo sei le persone che potranno usufruire di questo percorso formativo previsto dalla legge e che dà la possibilità a chi commette reati non gravi di svolgere lavori di pubblica utilità. In questo caso, i selezionati hanno a loro carico condanne per guida pericolosa in stato di ebbrezza.
Cosa c’entra questo reato con la violenza di genere?
C’entra per il rispetto per sé e per gli altri (donne comprese quindi) di cui bisogna sempre tenere conto e non solo quando ci si mette alla guida di un’auto.
Il messaggio più importante di questo percorso formativo, spiega a B-Hop magazine Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente dell’associazione Telefono Rosa, che in questi giorni compie 35 anni di attività, è la legalità, “il rispetto della legge e della sicurezza e, fatto non secondario, la conoscenza di nuovi modi di relazioni che permettono di superare la mancanza di rispetto verso le donne”, che alla base delle violenza di genere e che può riguardare anche le donne stesse.
Quindi non si punta solo alla costruzione e al potenziamento, in questi giovani, del senso di responsabilità delle proprie azioni ma anche ad una coscienza e consapevolezza rispetto alla violenza di genere:
“i partecipanti avranno infatti la possibilità di capire cosa significa subire violenza all’interno delle mura domestiche”.
Il percorso prevede 40 ore di formazione; incontri con psicologhe ed avvocate, oltre a momenti di confronto con le ospiti delle case rifugio di Telefono Rosa che accolgono donne e bambini vittime di violenza di genere.
Il progetto prevede, fra l’altro, la campagna “guida sicura” che ha lo scopo di sensibilizzare le ragazze e i ragazzi che troppo spesso si mettono alla guida ubriachi e/o sotto l’effetto di stupefacenti, diventando un pericolo per loro stessi e gli altri. Per questo il Telefono Rosa ha pensato di lanciare una campagna di prevenzione, partendo dalle esperienze dirette di chi intraprende il percorso di messa alla prova, che possa aiutare i giovani e le giovani a non commettere lo stesso sbaglio.
Diverse figure professionali verranno inserite all’interno dell’Associazione e daranno il loro apporto al progetto; ad esempio, un cuoco che si occuperà di corsi di cucina per le donne ospiti delle case rifugio, un giardiniere che sistemerà gli spazi esterni di alcuni servizi gestiti dal Telefono Rosa e un ragazzo, che si sta laureando in marketing, aiuterà l’amministrazione e la segreteria.
“Questo progetto – prosegue la presidente – ci consentirà di utilizzare il volontariato come modello positivo. Attraverso un percorso di formazione specifico potremmo aiutare le persone a comprendere il significato del loro comportamento e dello sbaglio che hanno commesso.
Intraprendere un percorso di formazione al Telefono Rosa significa riflettere suoi propri errori, migliorarsi e conoscere da vicino la violenza sulle donne e la pericolosità di questo fenomeno”.
Nel 2022, secondo i dati del Ministero della Giustizia, gli imputati che hanno usufruito della messa alla prova sono stati 52.814 (43.770 uomini, 9.044 donne). L’83% di questi ha svolto servizi di supporto socio-assistenziali e socio-sanitari. Inoltre, l’83% è di cittadinanza italiana, il 25% un’età compresa fra 18 e 29 anni, il 23% fra 30 e 39 anni.