di Eleonora Guaragna – La consapevolezza di quanto sia importante trovare un equilibrio fra crescita economica e sostenibilità è ormai sempre più diffusa. Oggi risulta impossibile valutare le performance di un’azienda senza prendere in considerazione, oltre agli aspetti strettamente legati alla redditività, anche il suo impatto sociale ed ambientale. In tale ottica, essere sostenibili e trasparenti non è più soltanto un costo o un ostacolo per il business, ma un vero e proprio investimento connesso alla gestione strategica dell’impresa, alla sua competitività e capacità di distinguersi nel mercato.
Nel solco di questo cambiamento di prospettiva sono nati nuovi modelli societari, volti a creare armonia tra profitto e responsabilità sociale e ambientale, innestando nei tradizionali processi imprenditoriali anche il perseguimento di obiettivi a beneficio non solo di manager ed azionisti, ma dell’intera collettività.

Sono le Società Benefit, introdotte in Italia a partire dal 1 gennaio 2016, importando (e siamo stati i primi in Europa a farlo, nonché primi al mondo al di fuori degli USA) una forma giuridica “nativa” appunto degli Stati Uniti. Con questo strumento, tutte le società for profit previste dal Codice Civile possono inserire all’interno del proprio oggetto sociale e statuto, oltre allo scopo di produrre e dividere utili (quindi lo scopo di lucro), anche una o più finalità di beneficio comune, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti del pianeta e di tutti gli stakeholders.
In parole semplici, le Società Benefit sono un’evoluzione delle imprese tradizionali (interessate prima di tutto a massimizzare il profitto) che, insieme agli obiettivi economici, perseguono anche scopi di impatto positivo per la collettività.
Per garantire che l’obiettivo di beneficio sociale indicato nei documenti costitutivi sia effettivamente perseguito e scongiurare il rischio di greenwashing, le Benefit devono assolvere a specifici adempimenti in termini di accountability e trasparenza: in particolare, sono tenute a nominare un responsabile d’impatto, e redigere una relazione annuale, da allegare al bilancio, in cui sono descritte le attività intraprese, valutato l’impatto generato e comunicati i nuovi obiettivi della società.
Diventare Società Benefit può comportare vantaggi in termini di rafforzamento della governance, dei diritti e degli interessi di chi lavora nell’azienda e interagisce con essa, oltre che di attrattività e reputazione.
Una scelta, insomma, che armonizza i tre pilastri della cosiddetta teoria delle 3P, o Triple Bottom Line, coniata nel 1994 dall’imprenditore e studioso John Elkington: people, planet, profit (persone, pianeta, profitti).
Per questo, molte imprese italiane hanno deciso di diventare Benefit (o nascere come tali): si pensi ad Illy, Danone, Chiesi Farmaceutici, Lifegate e Aboca, solo per citare qualche nome dalla lunga lista.
Un’altra fattispecie di impresa “ad impatto positivo” che ha trovato forte diffusione e che viene spesso erroneamente intesa come sinonimo delle Società Benefit è quella delle B Corp.
Qualche indicazione per non confondere i due modelli, complementari ma non del tutto sovrapponibili: le B Corp, o B Corporations, sono società che, a seguito di un processo di screening e valutazione chiamato B Impact Assessment, hanno ottenuto una specifica certificazione rilasciata dall’ente certificatore B Lab, attestante il loro impegno nel fare impresa in modo responsabile, sostenibile e trasparente.
Contrassegnate dall’ormai famosissimo bollino, le B Corp sono diffusissime in tutto il mondo, anche in paesi in cui ancora non esiste un equivalente giuridico delle nostre Società Benefit, e rappresentano un vero e proprio movimento globale per promuovere un nuovo modello di economia inclusiva, equa e rigenerativa.

Inoltre, è importante non confondere le Società Benefit con le imprese sociali. Queste ultime sono una tipologia specifica di enti non profit, senza scopo di lucro: introdotte nel nostro ordinamento a partire dal 2006 e rinnovate nel 2017 con la Riforma del Terzo Settore, pur potendo esercitare attività – appunto – d’impresa ed assumere forma giuridica di società, le imprese sociali sono enti di Terzo Settore, regolate dalla disciplina propria di questi enti, con relativi vantaggi e obblighi (tra cui l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) che non riguardano in alcun modo le Società Benefit.
Le Società Benefit sono, invece, società for profit a tutti gli effetti.
Il loro scopo resta quello di creare profitti, ma ad esso si affianca l’impegno nel produrre un tangibile impatto positivo per la collettività. Insomma, delle società con una doppia anima che innovano, rigenerano e condividono valore, dimostrando ancora una volta che, lungi dall’essere inconciliabile col business, la sostenibilità rappresenta un fondamentale motore di crescita per l’economia moderna.