di Patrizia Caiffa – “Vivete con gioia, allegria, senza rabbia. Quando cadete, pensate che ogni giorno sorge l’alba: la vita è un miracolo! Date contenuto alle vostre vite, impegnatevi per cambiare voi stessi e per cambiare il mondo insieme! Potete sentirvi vivi perché date un senso alla vostra vita dedicandola alla costruzione di una causa difficile. Questa è la sfida che abbiamo davanti”. Così parlò agli italiani, in un mite tardo pomeriggio romano, José “Pepe” Mujica, ex presidente dell’Uruguay noto in tutto il mondo per il suo carisma morale, per aver donato il 90% del suo stipendio ai poveri e per aver portato agli alti vertici del governo del mondo il buon senso di un contadino ex guerrigliero che ama la terra e la giustizia sociale. “Voi italiani dovreste essere il popolo più felice sulla faccia della terra allora mantenete questa gioia di vivere: è la cosa più forte che avete. Pero innamoratevi, per favore…”
Parole sagge e colme di fiducia e semplicità, consegnate questa volta agli italiani, accalcati il 28 maggio scorso in due sale di un prestigioso hotel a due passi da piazza San Pietro, con tanto di maxi schermo, folle di fotografi e telecamere e un pubblico misto di romani e latinoamericani che esplodeva di entusiasmo, insolito in eventi simili. Mujica, in viaggio tra Spagna ed Italia per ritrovare le radici europee insieme alla moglie Lucia Topolanski, era accompagnato dallo scrittore Roberto Saviano e dalla giornalista Milena Gabanelli, che stavolta, emozionata come una timida reporter alle prime armi, stranamente non ha fatto tutte le domande giuste. Dopo un incontro privato con Papa Francesco su cui non è trapelato nulla – c’è grande stima e rispetto tra i due, nonostante il dichiarato ateismo di Mujica – quello che viene già definito il “Nelson Mandela del XXI secolo” ha presentato a Roma il suo primo libro “La felicità al potere” (Eir), una raccolta dei suoi scritti e discorsi più importanti.

Due ore dense di contenuti positivi, di esortazione all’impegno, alla partecipazione, al cambiamento personale e sociale. “Nonno Pepe” parlava con passione e foga, con gli occhi profondi che sorridevano e un approccio bonario capace di penetrare i cuori dicendo anche verità scomode. “Io dico sempre cose molto dure ma con delicatezza, mantenendo la mia libertà. Le verità dell’alta politica non devono essere grossolane. Invece a volte ci sfugge l’essenziale della storia”. “Abbiamo bisogno di libertà non per essere tutti d’accordo, le nostre verità sono relative, dipendono da quello che si impara”.
Eccole, alcune di queste sue verità: “La cattiva globalizzazione esiste perché siamo governati dal mercato e le decisioni sono cieche”. Allora perché non istituire “un orario di lavoro mondiale” e “misure mondiali”, soprattutto nel campo delle migrazioni?
A proposito di migrazioni: “Quelli che attraversano il Mediterraneo non sono poveri dell’Africa, sono poveri dell’umanità. Gli sbarchi non sono solo un problema dell’Italia ma del mondo. Servirebbe un governo mondiale per affrontare questi problemi”. “Le migrazioni, per questo popolo vecchio che non fa figli, sono una risorsa – ha proseguito -, abbiate l’intelligenza e il coraggio di organizzarle”. Poi, da buon contadino che ama la terra: “Mandate a lavorare i migranti sulle montagne abbandonate! Sai quante pecore ci potrebbero essere! Invece viviamo tutti in città ammassati”.
E ancora, sui cambiamenti climatici: “L’umanità dovrebbe affrontare i problemi con decisione per creare un mondo senza inquinamento, per fermare lo scioglimento dei ghiacciai e la desertificazione arrivata al 30%. Abbiamo convocato gli uomini di scienza a Kyoto 25 anni fa: chi è eletto per governare non dovrebbe ignorare le raccomandazioni della scienza. Non si può governare il mondo se non si tiene conto di quello che dice l’accademia”. Mujica usa esempi e metafore semplici per spiegare i concetti: “Io ho molti amici di cui mi fido ma se ho un attacco cardiaco chiamo un cardiologo. Invece spesso chi comanda nel mondo volta le spalle alle raccomandazioni importanti della scienza”
Su Stato e neoliberismo: “L’attività privata non può essere più efficiente dello Stato, ma il contrario. Se lo Stato lavora male è il popolo che ne paga le conseguenze. Abbiamo bisogno di uno Stato che dia premi e punizioni. Vogliamo uno Stato più efficiente in grado di competere con l’impresa privata. Dobbiamo imparare dai nostri fallimenti perché senza uno Stato vigoroso siamo in mano alle multinazionali. Dobbiamo rivedere i nostri errori. E’ impossibile la liberazione senza uno Stato fermo. Lo Stato deve essere lo scudo dei poveri”.
Mujica è famoso anche per aver legalizzato, con il suo governo, l’utilizzo della marijuana, per tentare di bloccare il narcotraffico. “In Uruguay abbiamo 150 mila consumatori di marijuana, quindi esiste già un mercato. Noi vogliamo togliere questo mercato al narcotraffico. Non diciamo che la marijuana, il tabacco o l’alcool sono buoni, però cerchiamo di stabilire un consumo regolato, distribuendo una dose ogni settimana. Chi ne vuole di più deve aspettare perché allora vuol dire che c’è una dipendenza e dobbiamo aiutarlo ad uscirne in tempo. Finché è nella clandestinità non lo possiamo aiutare. Per cambiare dobbiamo sperimentare un altro cammino e noi stiamo provando un’altra strada. Siamo un paese piccolo se l’esperimento funzionerà sarà un vantaggio per tutti, altrimenti trasmetteremo comunque questa esperienza all’umanità”.
L’invito più pressante dell’ex guerrigliero dei Tupamaros che ha tentato la rivoluzione contro la dittatura è ovviamente quello di unire le forze per cambiare la realtà: “Non siamo Dio, non possiamo muovere un dito e fare miracoli. Da soli non siamo nulla.
Non c’è cambiamento reale se non cambia la testa e il cuore di ciascuno e se non ci impegniamo per cambiare il mondo insieme.
Ma se vogliamo cambiare non possiamo continuare a fare le stesse cose di sempre”. L’anziano ex presidente (ha già superato gli 80) ha esortato a “reclutare giovani al servizio della causa di salvare l’umanità: servono sforzi di massa, bisogna arrivare nelle strade, nelle università. Senza lo sforzo del popolo non si può cambiare la realtà, non esiste la magia. Bianchi, neri, gialli, donne, uomini: siamo tutti uguali, l’unica differenza è tra quelli che si impegnano e quelli che non si impegnano”.
“Non fatevi rapire dall’odio, io sono stato in prigione 14 anni ma non porto rancore – ha confidato -. In Uruguay mi rimproverano perché non provo odio per chi mi ha perseguitato. Sono stati gli anni più duri, in isolamento senza libri. Ma sono quelli da cui ho imparato di più”.
“Nonno Pepe” ha concluso la sua lezione di vita lasciando calore e umanità tra gli ascoltatori che si erano sperticati in applausi e approvazioni entusiastiche per tutto il tempo. Ci si chiede: quanto di questa saggezza antica che ci apparteneva abbiamo perso?
Quanto bisogno c’è oggi di ritrovare parole semplici e di buon senso?