di Carla Chiuppi – Il tempo è arrivato, le tradizioni vanno rispettate. In Umbria i cappelletti sono il piatto che univa intere famiglie intorno al tavolo della cucina, c’era chi impastava, chi tirava la sfoglia, chi tagliava la pasta chi chiudeva a forma di cappello. Una vera e propria catena di montaggio.
Ho scalato tutta la piramide, perché così dovevi fare, ho iniziato a contarli, poi a chiuderli, per via delle mani piccole, e poi via via, fino all’arte di tirare la sfoglia.
In Umbria la tradizione dei cappelletti è relativamente “giovane“, perché fino alla prima metà del ‘900, soprattutto nelle campagne, si usavano fare i tagliolini in brodo per il Natale.
Comfort food per eccellenza, i nostri cappelletti sono cotti nel brodo di cappone.
La sfoglia, quella delle feste, ricca di tuorli d’uovo, dove non potrà mancare un bicchierino di vino bianco per non farla ossidare, viene accuratamente fatta riposare sotto ad un canovaccio, per evitare che si disidrati e si spezzi.
La tavola di legno, la tovaglia bianca e profumata, fresca di bucato. La sfoglia tirata a mano, il bicchierino per tagliarli. Per il ripieno, si parte dalla carne, tagliata a pezzi la si fa cuocere lentamente; tacchino, vitello, maiale, si aggiunge del vino e poi, fuori dal fuoco, un bel pezzo di burro, senza farlo cuocere.
La carne si passa alla macchinetta, quella a mano, aggiungendo una fetta di prosciutto crudo e una buona mortadella profumata. Ed ancora, una grattugiata di limone (una piccola buccia anche nel brodo assieme ai chiodi di garofano infilati nella cipolla), la noce moscata che non può mancare, uova e parmigiano stagionato.
Velocemente si preparano i mucchietti di ripieno e altrettanto velocemente le mani chiudono a forma di cappello.
Ecco qua, la magia si rinnova ogni dicembre con la cura e l’attenzione necessaria a rinnovare un rito che ci identifica.
Ma le tradizioni vanno tradite.
La parola “tradizione”, ha la stessa radice di “Tradire”, tradere, consegnare in altre mani.
La parola tradizione, anche in architettura ha il significato di trasportare, di consegnare ai posteri un sistema, un ordine, un insieme di regole, di norme consolidate, senza perdere di vista che è termine avente in sé il senso di passaggio, di conversione dal vecchio al nuovo, di abbandono, di tradimento di ciò che è stato a favore di ciò che sarà.
“quando la nuova regola o configurazione si afferma, il tradimento si trasforma in tradizione [……] Proprio questo è il significato etimologico della tradizione: essa è la storia dei tradimenti passati” (Ada Cortese)
Chissà quanti tradimenti hanno avuto i nostri cappelletti per essere ciò che sono ora.
Buon Natale!