di Carla Chiuppi – Nella mia famiglia l’albero di natale, addobbato con palline decorate e luci, è entrato intorno agli anni ’50. Non ero ancora nata ma ho una foto che lo testimonia: mia sorella ritratta in piedi, di fianco all’albero, un abete vero. Dopo alcuni anni quell’albero è diventato “finto” e gli addobbi sempre più ricchi, una sorta di bilanciamento.
L’abete, a Natale, non fa parte della nostra tradizione e prima di quell’albero, anche successivamente, e lì finalmente c’ero, si usava il “ceppo” di Natale. Un grande ceppo nel camino alla vigilia che doveva rimanere fino al giorno dopo acceso.
Ricordo il profumo di quel momento in cui mia nonna metteva nel camino il grande ceppo di Natale e si accingeva a preparare la pasta dolce; per alcuni “Gnocchi di Natale”.
La pasta dolce, come il panpepato, è un dolce della tradizione ma nella mia famiglia si usava fare anche la nociata. Di origine sabine, la nociata è un dolce molto semplice ma il profumo del miele scaldato e delle noci tostate mi riportano a quelle atmosfere che sanno di buono e di festa.
In realtà,
la pasta dolce si preparava sia per ognissanti che per la commemorazione dei defunti o per Natale.
Come tutte le ricette della tradizione, ogni famiglia ha la propria e la modifica secondo i propri gusti. Questo è il bello!
Disciplinare, mettere un marchio alla ricetta, quella vera. A detta di chi, poi? E’ una di quelle cose che non riesco a comprendere.
La bellezza del cibo è che accende ricordi, sensazioni; gli stessi ingredienti possono dar luogo a preparazioni simili ma non uguali, perché la bellezza sta nella complessità e nella diversità, perché il cibo è cultura.
“Ogni atto legato al cibo, porta con sé una storia ed esprime una cultura complessa”.
La preparazione della pasta dolce, di solito, avviene alla vigilia del Natale. Prepararla in anticipo permette di avere un risultato più gustoso. Prima della seconda guerra mondiale, era fatta con una pastella di acqua e farina gettata nell’acqua bollente (pasta dolce) oppure una polentina (acqua e farina) che si lasciava asciugare per poi tagliarla a losanghe o quadretti (gnocchi di natale). Nel dopoguerra si sono cominciati ad utilizzare, tagliatelle, rigatoni, stivalozzi. Al miele è stato sostituito lo zucchero.
Qui di seguito la ricetta della mia famiglia che può essere modificata a proprio gusto:
Ingredienti:
- 150 g di pasta (io utilizzo i rigatoni)
- 200 g di pangrattato non troppo fine (preferibilmente grattugiato in casa)
- 200 g di noci tritate (preferisco tostarle, come tutti i semi e la frutta secca, meglio tostarli)
- 150 g di zucchero
- 50 g di cacao amaro
- cannella
- Un bicchierino di rum
- Scorza di metà limone grattugiata (se volete anche l’arancia)
Se volete potete aggiungere 100 g di alchermes, io non amo molto la colorazione che conferisce alla pasta.

Preparazione:
- in una ciotola unite il pangrattato, con il cacao e lo zucchero, mescolate accuratamente
- unite le noci, la buccia del limone grattugiata
- Versate il rum, l’alchermes (facoltativo) e mescolate molto bene. Tenete da parte.
- Lessate la pasta, scolatela (tenete da parte un po’ di acqua di cottura) unitela al condimento e mescolate molto bene assicurandovi che la pasta risulti ben condita, lasciando un po’ di condimento per la presentazione. Se necessario unite qualche cucchiaio di acqua di cottura.
- Preparate un piatto da portata disponendo la pasta sul fondo coprendola uniformemente con il condimento rimasto.
Lasciate riposare per almeno 12 ore in frigo. Prima di consumare, è preferibile lasciarla un paio di ore a temperatura ambiente.