C’era una volta in questo mondo, un periodo strano.
Molto strano.
Lo dicevano quasi tutte le persone.
Di certo, non normale. Di certo non simile al reale.
Le persone si giravano di qua e di là e “uhmm…”, dicevano, “davvero troppo strano”.
C’era chi lo chiamava impensabile.
Chi incredibile.
Chi inverosimile.
C’era chi lo chiamava assurdo.
Qualcuno si sbilanciava e lo chiamava pazzesco.
Tante parole strane per un periodo strano.
Una cosa era certa, sembrava che nel mondo avessero spruzzato una strana atmosfera. E non certo quella della candela.

Si, sembrava proprio che da qualche parte, qualcosa avesse catturato le coscienze nonché le conoscenze note. Lasciando tutti in preda a venti fortissimi di novità non catalogabili né più gestibili come si era stati soliti fare fino a quel momento.
Il tempo cominciò a passare in quello stato. E più passava, più le persone iniziavano a sentirsi instabili, con la sensazione che al pieno si fosse sostituito il vuoto. Già, circolava il vuoto intorno alle persone.
“Ridateci la nostra vita piena!”, gridavano molte persone per le strade, tra gli sguardi attoniti di passanti impauriti. E dire che il vuoto fosse in movimento un pochino spiazza, certo, lo capiamo tutti. Eppure era così. “Partiva da dentro, dall’anima delle persone”, raccontava qualcuno. Si sentiva ma non si vedeva. Usciva spesso insieme alle parole strane.
Era subdolo, era quasi impercettibile.
Come se qualcosa scivolasse via da un punto non definibile del corpo verso qualche posto indefinito sulla terra. Allargandosi ovunque come un’enorme macchia nera. Viscido e veloce, per quanto andasse piano piano.
Nel frattempo, l’anima sembrava restasse priva di luce. Creava buchi neri di senso. Sì, nulla sembrava più sensato.
Le persone si sentivano svuotate, smarrite, senza la coscienza di se stessi e delle cose. Ridevano ma senza ridere veramente. Restavano all’erta senza lasciarsi troppo andare.
Qualcuno si sentiva precipitare nel panico o addirittura attaccato dal panico in persona.
Qualcuno anticipava con azioni violente gli altri che forse, pensava, avrebbero potuto attaccarli per primi.
Qualcuno pensava fosse arrivata l’Apocalisse vera. Quella di cui si parlava nei libri di tanto tempo prima.
I bambini che vedevano i grandi in quello stato, dicevano che c’era in agguato l’uomo nero. L’ombra di sempre. La paura. Ma gli uomini adulti, beh, quelli non lo ammettevano che anche loro avevano paura dell’uomo nero.
Così, quando un bambino diceva “ma nonno, questo è l’uomo nero!” il nonno rispondeva “no, no, l’uomo nero non esiste”. “Semmai è solo un buco nero”, aggiungeva.

Gli uomini avevano da sempre cercato di capire cosa fossero i buchi neri. Come fosse possibile
definirli. Ma i buchi neri, fino a quel momento se ne erano stati alla larga da loro, sparsi in galassie
e posti lontanissimi. Ora gli uomini avevano invece la sensazione che i veri buchi neri si formassero
sulla terra. La loro terra. Addirittura che partissero da dentro di loro.
Bisognava fare qualcosa.
Per forza.
Bisognava al più presto fare qualcosa.
Fu così che moltissime persone iniziarono a pensare. E pensavano, pensavano. Pensavano ininterrottamente. Senza rendersi conto che il pensiero diventava sempre più distante dalle cose vere ancora sconosciute. Giacché ne avevano paura.
E fu così che il pensiero divenne in breve tempo molto più del necessario. Per dare spiegazioni sensate a cose che il senso sembravano non avercelo proprio più.
Ma più le persone pensavano, più il pensiero sembrava prendesse forma consistente. Più diventava consistente più prendeva il posto della realtà vera.
Mentre la realtà vera ma poco nota sembrava sempre più pericolosa nel pensiero che la pensava.
Così, il passo fu veloce, e il pensiero di come dovesse essere e andare la realtà prese il posto delle realtà note, finché molte persone cominciarono a creare realtà solo pensate. Che non riuscendo comunque a dare spiegazione al vuoto e alle brutte sensazioni, iniziarono a far paura senza spiegazione.
Le realtà solo pensate e malamente conosciute, però, sono difficili da affrontare nella realtà vera.
Perché non esistono fuori dalla testa. Sono pressappoco immaginate. Assurde, come qualcuno ormai diceva. Si capisce bene che è un tantino complicato vivere nel miglior modo qualcosa che non esiste. Non si sa bene come sistemarcisi dentro. Non se ne trovano gli angolini comodi.
E, in men che non si dica, moltissime persone iniziarono ad aver paura di vivere.
Iniziarono a pre- occuparsi di come vivere per fare sì che il modo in cui avevano immaginato la realtà combaciasse con la realtà che non si spiegavano più. Immaginando spiegazioni catastrofiche, da fine del mondo,
sempre in agguato in qualche pezzettino del mondo.

E iniziarono ad aver paura di svegliarsi al mattino e iniziare una nuova giornata, di cui già s’erano fatti un’idea, a dir poco difficile e dai contorni sempre meno nitidi.
“Mammamia e come sarà oggi?”, si dicevano appena aperti gli occhi, “un’altra giornataccia, lo so già”.
Qualcuno iniziò a chiedere ai propri conoscenti qualcosa che potesse tirarli un po’ su. Qualcosa di magico, eccitante o in grado di stordirli per affrontare una nuova tremenda giornata.
Al lato opposto, molti iniziarono a non volersi addormentare. O a non potersi addormentare, con l’agitazione di non riuscire a capire che cosa avevano fatto durante il giorno, certi di aver sbagliato tutto e che il giorno dopo ne avrebbero fatto le spese in modo esagerato. E qualcuno iniziò a chiedere qualcosa di calmante per riuscire a chiudere almeno un occhio su due.
In mezzo fra i due opposti c’erano quelli che si svegliavano la notte, pensando di non essersi pre-occupati al meglio per il giorno seguente, rotolando alla ricerca di varie soluzioni per risolvere eventuali situazioni.
Così, non era più raro sentir dire “oh, non si preoccupi, è solo un altro attacco di panico, si prenda un calmante e passa”. Oppure “Non si stia a preoccupare, è solo un pochino d’ansia, lei è sotto stress. Il suo cuore è a posto, le serve solo una vacanza”.
Occorreva necessariamente ricostruire il senso.
Quello nella realtà vera.

La vita così era troppo faticosa. Sembrava che alla salita non corrispondesse più discesa.
Qualcuno buttò lì un’idea che a molti parve troppo semplice. A qualcun altro anche un pochino stupida o inadeguata. Ma quel qualcuno la buttò lo stesso lì, dove tutti potevano sentirla.
“E se si provasse direttamente a conoscere vedendo che succede se si vive e basta, e poi aggiustando il tiro se non basta?”.
Qualcun altro, già in trepidazione, allora aggiunse, “si! Troviamo il senso delle cose anche coi sensi, visto che ce li abbiamo!”.
Forse, insomma, le cose sconosciute andavano solo fermate un po’, toccate, annusate, assaggiate, sentite e viste per essere capite e poi gestite con schemi vecchi e nuovi.
Molti si trovarono d’accordo e ci provarono da subito, con un moto d’animo eccitato e rilassato che somigliava tanto al sorriso quando ridi veramente.
Una lega di persone col pensiero della giusta dimensione iniziò da quel momento a diffondere con coraggio questa semplice verità: “non immaginate prima di vivere”.
Qualcuno aggiunse: “non immaginate cose brutte prima di vivere”.
Qualcun altro aggiunse ancora: “non immaginate cose brutte e dolorose prima di vivere con tutti i
sensi”.
Qualcun altro ancora aggiunse: “non immaginate cose brutte e dolorose prima di vivere con tutti i sensi e con la mente aperta”.
Altri ancora aggiunsero: “non immaginate cose brutte e dolorose fatte di proposito da chissà chi per farci male, prima di vivere con tutti i sensi e con la mente aperta al nuovo o al diverso dall’apparenza minacciosa”.
E poi qualcuno: “non vi fate un’idea di come sarà la vostra vita prima ancora di averla vissuta anche se il senso delle cose non lo conoscete ancora”.
Fu così che da quel momento molte di quelle parole che circolavano nel mondo apparvero solo uno dei due lati di una verità.
Strano, non normale, impensabile, incredibile, inverosimile, assurdo e niente di meno che pazzesco, erano nient’altro che il non noto che andava reso noto nuovamente. Con mente nuova, appunto.
Magari ci voleva solo un pochino di tempo e di pazienza. Per rendere l’impensabile, pensabile. L’assurdo, logico o sensato. L’inverosimile, realistico. L’incredibile, credibile.
“E il gioco è fatto!”, disse il bambino che quell’uomo nero se l’era fatto amico.
Se qualcosa fa eccezione e l’eccezione fa paura, basta accendere una piccola candela. E la luce si fa
sempre largo. Anche il lume della conoscenza.