C’erano una volta “Wallace & Grommitt”, e le loro storie surreali, poi vennero le “Galline in fuga” dal pollaio, ed apparve “La maledizione del Coniglio Mannaro”, ed i topi di “Giù per il tubo”, forse inseguiti da una ciurma di “Pirati – briganti da strapazzo”. Ma nulla si poté davanti al profluvio di allegria, commozione, divertimento e citazionismo per cinefili malati che è quel capolavoro della cinematografia in “stop motion” e plastilina di “Shaun, vita da pecora“.
Il film, ultimo nato dalla fantasmagorica fantasia della Aardman Animations Ltd., casa di produzione cinematografica pluripremiata a colpi di premi Oscar, è nato dal clamoroso successo della serie di cortometraggi per la televisione “Shaun the sheep”: che ha portato sullo schermo la scalcagnata ma serena fattoria del Farmer che vive con il suo cane intellettuale e gaudente, le sue pecore capitanate dalla indipendente e un po’ anarchica Shaun, tre maiali vendicativi e amanti della musica house e rap, un toro fumantino, delle papere, un gatto isterico, un gallo fuori tempo, una capra matta, e vari umani di passaggio. Ma questo è il passato, perché oggi sono le sale cinematografiche a accompagnarci lungo i sentieri della campagna inglese e poi nei meandri di una moderna città.
Il film “Shaun, vita da pecora” lascia senza fiato: oltre 4 anni di preparazione con la tecnica del passo uno in stop motion (per i non esperti la figurina in plastilina viene spostata un poco alla volta e si scatta il fotogramma…. un lavoro immane) rendono la storia affascinante nel suo intreccio semplice.
Una pecora, delle pecore, a zonzo per una città tentacolare, ricca di pericoli…umani, con un fattore smemorato che fa i ciuffi, un cane bastardino, dei pullman rossi a due piani, colori, risate, commozione, amicizia, cattiveria gratuita e un messaggio chiaro: forse cercare altrove quello che si ha dentro non è la soluzione migliore. Forse serve soltanto apprezzare la gioia delle cose piccole e semplici, ed anche il fastidio della routine sparisce.
E l’amicizia e la gratitudine sono valori imprescindibili per Shaun e i suoi compagni di avventure. Come la gratitudine scorre a fiumi lungo quasi ogni sequenza del film, che è un vero film, con una sceneggiatura ben precisa, intrecci che portano ad incastri perfetti delle varie personalità e caratteri; cioè non assistiamo a una serie di scenette tra loro scollegate o debolmente legate, come nella maggior parte dei recenti film di animazione (pensatene uno e ve ne accorgerete).
Gli autori Mark Burton e Richard Goleszowski spargono perle di citazioni di film che hanno fatto la storia del cinema e della comunicazione: la lista è infinita, ma, perché è giusto ricordarne un po’ abbiamo Il Miglio Verde, Il silenzio degli Innocenti, Ritorno al futuro, The Blues Brothers, Fuga da Alcatraz, La febbre dell’oro, Luci della città, il passaggio dei Beatles sulle strisce di Abbey Road, Man in Black, Tutti insieme appassionatamente, Fuga per la vittoria, Io sto con gli ippopotami.
Casomai sono poco più che un flash, o danno lo spunto per una esilarante sequenza. Ma di sicuro le sacche di ricordi del cinefilo imbizzarrito sobbalzeranno ad ogni sequenza, ad ogni particolare, ed uscendo dal cinema verrà da confrontarsi con gli amici su chi abbia visto cosa, ed il gioco continuerà e ci si accorgerà che “Shaun, vita da pecora” ha travolto gli animi donando serenità, allegria, quel pizzico di follia che non guasta, ed una terapia endorfinica a colpi di risate e colori che allargano il cuore.
E piano piano si verrà pervasi da un senso di piacere che farà porre al fortunato spettatore felice una semplice domanda: “ma come hanno fatto a farlo?”. Sì perché, a fronte di un minimo intervento in post-produzione per lisciare le eventuali imperfezioni dei pupazzi in plastilina, tutto il film e fatto a mano, con tanta, tantissima, santa pazienza. Perché non sempre l’iper tecnologia digitale paga. In questo caso, i sorrisi stralunati, le chiome colorate, i ciuffi di lana mossi e sistemati dalle abili mani degli animatori della Aardman lasciano sbalorditi, ci si sente contenti di non assistere a quella ormai appiattita sindrome nefasta della digitalizzazione, dove tutto è perfetto e patinato, con colori squillanti e disegni perfetti: che però non sono reali e umani. In “Shaun” c’è la meraviglia dell’imperfezione umana che è la realtà della vita. Ma quando le pecore decidono di agire, wow, non ce n’è per nessuno!