Oggi è uno di quei giorni in cui occorre fermarsi un attimo. Nonostante ci piaccia dare solo notizie belle e positive, anche noi di b-hop ci fermiamo. In fondo la bellezza è ovunque, se la si sa vedere.
Parlare di qualsiasi cosa sembra quasi non abbia più senso, tutto sembra passare in secondo piano di fronte alle notizie che arrivano da Parigi…
Ci resta il silenzio.
Quel silenzio tanto bramato da quelle tre persone che ieri mattina hanno sparato nella redazione del settimanale Charlie Hebdo e hanno ucciso dodici persone.
Per chi, come noi, con le parole ci lavora, scrivere adesso è più difficile. Come se le dita pesassero troppo per arrivare ai tasti e al mouse. Come se ti fossi scordato di quello che ti riesce più facile da sempre. E allora ti viene voglia di spegnere il computer, buttarlo lontano e stare in qualsiasi altro posto diverso da questa scrivania, lontano da questo schermo che oggi vuole rimanere bianco, lontano da questi pensieri.
La voglia è tanta, ma non puoi. Anzi non devi. Oggi devi scrivere. Glielo devi.
In uno dei video che tutte le televisioni stanno trasmettendo in queste ore si sentono gli spari, si vedono uomini uccidere altri uomini. Si vedono uomini sparare ad altri uomini convinti di uccidere anche le loro parole.
Proiettili indirizzati a parole, a vignette, sembra quasi irreale. Ma non lo è.
Le parole spaventano – si sente dire spesso – e la domanda che ci accompagna da ormai troppe ore è sempre la stessa: “Ma chi glielo ha fatto fare?”
Se la saranno fatta anche loro, quei dodici di Charlie Hebdo, che oggi sono i miei dodici, i nostri dodici… Eppure lo hanno fatto e hanno continuato per anni. Forse non immaginavano che sarebbero arrivati fino a questo punto.
Mi piace pensare invece che i nostri dodici lo sapevano eccome, ma non si sono fermati lo stesso.
E mentre noi stiamo qui a parlare di come le cose potevano e dovevano andare, forse loro stanno lassù, tutti insieme, e se la ridono. Se la ridono come sicuramente stavano facendo in quella maledetta riunione di redazione.
Se la ridono pensando a uno dei loro assassini che uscendo dalla redazione ha urlato: “On a tué Charlie Hebdo!” (Abbiamo ucciso Charlie Hebdo!). Ma non è così.
I proiettili non possono uccidere le parole e non lo faranno mai.
Oggi lo so. E lo so grazie ai nostri dodici.
immagine di copertina: Jean Jullien, illustratore francese