“… E in ogni caso non ricambiava il sentimento aggressivo dello sconosciuto,
che continuava a inseguirla e a supplicarla di ascoltare la sua storia”.
(di Filippo Bocci) – Nadia Terranova ha scritto un piccolo grande libro, Omero è stato qui, per l’editore Bompiani, dove la parola si fa meraviglia per i piccoli lettori, ma anche per quelli più grandicelli.
Diceva Pablo Neruda che “ognuno ha una favola dentro che non riesce a leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che con la meraviglia e l’incanto negli occhi, la legga e gliela racconti”.
In fondo – come ci spiega la scrittrice messinese –
le storie fanno già parte di noi, sono nostre da sempre, abbiamo solo la necessità che qualcuno ce le racconti, per poterle riconoscere, per sapere che ci appartengono.
Ambientate in quel grande “quartiere” che è lo Stretto, con i tre “rioni” delle città di Messina, di Reggio Calabria, e dell’acqua “di un mare soltanto, che però è due mari”, che le unisce e le allontana, queste storie sono popolate di fantasmi:
“Non credete ai fantasmi? Poco importa: loro credono in voi. Un giorno o l’altro, fra i due mari, verranno a visitarvi”.
Sono favole che ci riguardano, che “si attraversano per tutta la vita”, sempre che si abbia l’intenzione di “assumerle su di sé”. Così, scegliendo di entrare in una storia ci carichiamo di una componente di rischio, come Ulisse che spinto dalla curiositas vuole arrivare a conoscere, “non negarsi nulla è lo stile di vita che ha scelto”.
Mata e Grifone ci insegneranno che l’amore è più forte delle appartenenze e dei pregiudizi. Insieme a Cola Pesce dovremo fisicamente andare fino al fondo di noi stessi per afferrare il senso della vita e il bene che lo sorregge.
E incontreremo ancora, come in tutte le favole che si rispettino, re, cavalieri, eroi e mostri, e chissà se anche a noi, bambini o pretendenti tali, queste storie suoneranno non del tutto nuove o si accorderanno “a una musica che era già lì”, dentro di noi.
Con un linguaggio che cattura naturalmente l’ascolto dei più piccoli, e con un sapiente uso del registro colloquiale,
Nadia Terranova finisce per parlare delle nostre paure, come delle speranze.
Nelle favole, e non solo, tutto nasce “dall’attrazione e dall’amore fra gli opposti”, giocare e studiare possono significare la stessa cosa, e persino
“il confine che separa l’amore dall’odio è liquido e mutevole”.
Come l’acqua; come la vita. E come la vita, che ogni giorno torna a declinare diversamente sé stessa, anche le storie sono circolari e ogni giorno ci rimandano alla nostra favola. Ognuno può raccontarla come vuole, perché
“tutte le storie sono vere nel momento e nel modo in cui decidiamo che lo sono”.

Omero è stato qui, arricchito dalle belle immagini di Vanna Vinci, è un vero piccolo gioiello, ricolmo di affetto e commozione per un “luogo magico”, mare e terra dai confini imprecisi, sulle cui sponde la scrittrice è stata la bambina che ne ha respirato i miti e le leggende.
Fino ad averli dentro “come l’aria, l’acqua e l’immaginazione”.