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Home B.I.N. - Bellezza Interna Netta

Mirco Roverelli: “la mia Carmen sarà un turbinio di passioni. L’Italia valorizzi l’Opera”

di Filippo Bocci
4 Luglio 2017
in B.I.N. - Bellezza Interna Netta
Tempo di Lettura: 6 mins read
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Roma, Auditorium Parco della Musica 01 06 2017
Ritratti del maestro Mirco Roverelli
©Musacchio & Ianniello

Roma, Auditorium Parco della Musica 01 06 2017 Ritratti del maestro Mirco Roverelli ©Musacchio & Ianniello

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“Ci sono opere particolarmente adatte per certi luoghi, le locations sono molto importanti: più sono belle e suggestive, più ti danno carica. E Siracusa regalerà sicuramente un’emozione particolare anche al pubblico”: a parlare in una intervista esclusiva a b-hop è il Maestro Mirco Roverelli che quest’estate dirigerà Carmen di Georges Bizet, al Castello Maniace di Siracusa, a meno che un ripensamento amministrativo dell’ultima ora non la riporti, come inizialmente previsto, al Teatro Greco. L’opera va in scena il 14 e il 23 luglio e poi il 5 agosto nell’ambito della rassegna Mytos Opera Festival, con la regia di Enrico Stinchelli e l’Orchestra Filarmonica della Calabria.

https://www.b-hop.it/wp-content/uploads/2017/07/VID-20170518-WA0009.mp4

Dal 1998 maestro collaboratore di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, Mirco Roverelli ha lavorato con i più grandi direttori d’orchestra, in passato con gli indimenticabili Claudio Abbado, Georges Prêtre e Giuseppe Sinopoli, oggi con Sir Antony Pappano, da anni acclamatissima guida dell’Orchestra dell’Accademia.

Una carriera pianistica precoce quella di Roverelli, che ha debuttato quando aveva solo 12 anni in un concerto solistico, per arrivare presto a suonare nelle più prestigiose sale italiane e mondiali. Ha accompagnato al pianoforte cantanti famosi, come Leo Nucci – per i suoi quarant’anni di carriera è stato registrato un live del concerto – e il grandissimo José Carreras.

Dal 2010 Roverelli è anche direttore d’orchestra di successo, in Italia e all’estero. Il suo prossimo sogno nel cassetto è “dirigere la Norma di Bellini in un teatro romano” ma adesso le sue aspettative sono tutte rivolte all’opera di Bizet allestita nello splendido scenario siracusano.

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Maestro, la Carmen è stata in passato definita l’opera per eccellenza che fonde più generi musicali e diversi sentimenti in un insieme esemplare. Lei è d’accordo?

Sì, sono d’accordo. Qui troviamo tantissimi sentimenti legati stretti fra loro come l’amicizia, l’amore, la passione, il tradimento, l’odio e chi più ne ha più ne metta.

Quale chiave di lettura musicale intende dare all’opera per far risaltare i principali temi Amore – Morte – Destino – Libertà?

Non credo ci sia una sola chiave di lettura. Diciamo che io cercherò di mettere in evidenza due cose: il senso di tragedia che sta per compiersi, che Bizet fa apparire immediatamente dopo il preludio iniziale e che torna ripetutamente nell’intera opera, e la grande sensualità della protagonista. Ogni cosa che canta Carmen è un turbinio di passione e io ho il compito di farla risaltare con la musica.

Che tipo di vocalità è richiesta agli interpreti principali?

Carmen è un’opera che può essere cantata da vari tipi di vocalità. A me piacciono voci molto calde e piene ma anche molto duttili. Ogni ruolo ha bisogno di tante sfumature, sia vocali sia musicali.

Trama e psicologia dei personaggi sono fortemente legati alla Spagna. In questi giorni la Carmen messa in scena a Caracalla prova a rompere questo cliché, ambientando la storia fra il Messico e gli Stati Uniti. Ma quale Spagna si coglie nell’opera originale e come si staglia nella Siviglia del Diciannovesimo secolo la figura di Carmen? È donna immorale, icona dell’emancipazione femminile o eroina tragica?

Bizet riesce con poco a dare una grande idea della Spagna. Basta qualche ritmo e alcuni strumenti caratteristici come le nacchere o il tamburello basco per farti piombare in terra spagnola. Ai tempi di Bizet questa figura di donna molto emancipata (forse addirittura di facili costumi) deve aver fatto molto scalpore. Comunque non dimentichiamoci mai che si tratta di una zingara. E sia nel Diciannovesimo secolo, sia oggi, lo zingaro è sinonimo di libertà, senza regole se vogliamo, con una mentalità sul modo di vivere che è propria solo di quella popolazione. Sicuramente la figura di Carmen appare attualissima. Basti pensare ad una parola oggi molto usata, il femminicidio, ed ecco che troviamo fortissime analogie con la protagonista dell’opera. Quante donne vengono uccise per amori non corrisposti anche al giorno d’oggi?

Nella novella di Prosper Mérimée e nel libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévyè la storia avanza in un crescendo di sentimenti a tinte forti che conducono al dramma dell’epilogo. Bizet segue l’intreccio passionale con una partitura musicale che molti all’epoca giudicarono troppo innovativa. Lei è d’accordo con chi sostiene che quest’opera apra le porte al Verismo?

Penso che la si possa vedere come un’opera che anticipa il Verismo, in quanto, come le opere di fine secolo prendono spunti da fatti realistici, anche Carmen, seppure una storia di invenzione, porta lo spettatore su scene di vita quotidiana. Donne al lavoro, militari di guardia, contrabbando, feste, amori, donne contese, omicidi, insomma scene di vita vera.

La Carmen è il capolavoro, ma Bizet è solo la Carmen? C’è spazio nei cartelloni per altre opere del compositore francese?

Bizet non è solo Carmen, come per altri autori conosciuti solo per uno o due titoli. Certo il pubblico la ama molto e i teatri prediligono mettere in scena più volte Carmen piuttosto che I pescatori di perle, per esempio. 

C’è spazio per l’ottimismo nel futuro del teatro d’Opera italiano e internazionale?

Io credo che in Italia si debba cambiare mentalità innanzi tutto sulla gestione economica dei teatri, tornando a dare l’importanza che meritano ai complessi artistici. L’Italia, come Paese in cui questa meravigliosa forma d’arte è nata, dovrebbe fare di tutto per sostenerla ed esaltarla a livello nazionale ed internazionale. Riaprendo anche quei teatri cosiddetti di “provincia”, che hanno dato la possibilità a tutti i grandi del passato di muovere i primi passi sul palcoscenico per poi essere lanciati nei teatri di livello internazionale. Sarò fiducioso nel futuro di questa forma di arte quando si comincerà a vedere un cambio di mentalità anche da parte della nostra classe dirigente, quando capiranno che l’Opera ha fatto grande l’Italia nel mondo, quando capiranno che la cultura produce anche utili, quando capiranno che la crescita culturale di un popolo produrrà persone migliori e potrei continuare all’infinito. Ma è un discorso così ampio che è meglio finirla qui.

Che cosa consiglia di ascoltare a chi vuole accostarsi alla musica operistica?

Consiglio sicuramente opere divertenti (tipo Barbiere di Siviglia) o di grande impatto emotivo, ad esempio Tosca, per poi passare anche a opere più impegnative sia dal punto di vista musicale che drammaturgico.

Quali sono le opere e il compositore d’Opera che ama di più?

Io sono molto viscerale e quindi un pucciniano convinto. In testa a tutto metto le sue opere. Faccio anche fatica a scegliere quale. Le amo tutte indistintamente.

Chi è il suo direttore d’orchestra preferito? Il suo modello, se ne ha uno o più di uno.

Il direttore, come lo strumentista o il cantante, ha il suo repertorio privilegiato. Per quanto riguarda l’Opera se dovessi scegliere un direttore del passato sceglierei Carlos Kleiber, e per il presente Sir Tony Pappano, che ritengo in ambito operistico il numero uno attuale.

Maestro, se le dicessi, per concludere in bellezza, che Leonard Bernstein è il più grande musicista del ‘900?

Le risponderei ovviamente che ha ragione. Sublime pianista, direttore eccelso, compositore meraviglioso. Cosa altro volere da un uomo!?

Immagine di copertina: photo credits Musacchio & Ianniello

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Filippo Bocci

Filippo Bocci

Laurea in Lettere, curiosissimo di tutto ma esperto di niente, cialtrone il giusto. Coltivo particolari feticci come la bacchetta di Leonard Bernstein, gli occhi di Bette Davis, il sorriso di Jack Lemmon. Scrivo su b-hop perché “le parole sono importanti (by Michele Apicella/Nanni Moretti). E se le usi per parlare di Bellezza fanno bene”.

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