di Benedetta Bernardi – Lo spazzino e la rosa, scritto da Michel Simonet e pubblicato da Anima Mundi edizioni (marzo 2023, 15 euro), è il racconto dell’esperienza di vita dell’autore, che per vocazione ha scelto di fare lo spazzino per le strade di Friburgo, la sua città.
Mescolando humor e poesia, aneddoti divertenti e spunti di saggezza, condivide con il lettore la sua particolare attenzione al piccolo, al semplice, all’apparentemente imperfetto ricercando il senso della bellezza.
Simonet, dopo aver studiato filosofia e teologia e aver lavorato alcuni anni in ufficio, sceglie il mestiere di spazzino,
un lavoro che definisce “orizzontale nel gesto e verticale nel pensiero”, “solitario ma non isolato”, basato su gesti semplici e ripetitivi, come spingere il carretto, raccogliere mucchi di foglie, raschiare un tappeto di neve ma che lascia spazio alla riflessione interiore, al sogno e libera la mente.
Il poeta definisce questi gesti semplici “pilastri di spiritualità” che, assieme al fatto di lavorare sempre all’esterno, sotto un cielo variabile, gli insegnano “a essere aperto alla diversità, apprezzando il lato pratico della vita di tutti i giorni”.
Leggendo le pagine di Lo spazzino e la rosa si incontrano non solo scene della quotidianità ma anche ritratti di personaggi di un’umanità varia che l’autore descrive con uno stile originale, capace di coinvolgere e suscitare nel lettore empatia e sorriso.
Tra questi il clochard generoso, l’ubriaco irrispettoso, i compagni di strada, il fornaio gentile, il compositore di musica, una costellazione di caratteri a cui l’autore esprime la sua gratitudine perché da tutti ha imparato qualcosa.
L’amore per questo lavoro poco popolare lo ha portato ad avere uno sguardo più profondo, più alto sulla realtà e sulla vita: “è un mestiere sporco ma non uno sporco mestiere”, per questo tutte le mattine mette una rosa, dono di un fioraio, sul suo carretto per creare un’antitesi, segno visibile di bellezza in contrapposizione alla lordura dell’immondizia.
La rosa rappresenta una forma di respirazione, un valore spirituale.
“L’uomo diventa ciò che guarda” ci ricorda l’autore, che si era accorto che mancava qualcosa di bello al carretto.
La rosa è anche simbolo di purezza interiore e, posta su un carretto pieno di spazzatura, sta a ricordare a tutti noi, che abbiamo perso la capacità di accorgerci della bellezza per fretta o indifferenza, che la vita è ricca di meraviglie, a volte inaspettate.
Attraverso le sue parole, Simonet insegna al lettore quanto, nonostante quello dello spazzino sia un lavoro ingrato, sia di grande utilità pubblica e lo si possa fare con grazia.
“Un’ulteriore fonte di felicità: non devo fare altro che guardarmi indietro per contemplare il quartiere pulito che le mie stesse mani hanno spazzato. Sopraggiunge allora una sensazione di immediata utilità che fa sentire tanto bene: un piccolo Nirvana in terra per un paria volontario”.
Ci sono gioie semplici, racconta lo spazzino poeta, ma non per questo di valore inferiore: è il gesto dell’artigiano per raggiungere la bellezza che fa bene a sé e agli altri, è una pratica della meditazione per vedere chiaro e aiutare gli altri a fare altrettanto.
La parola che più si addice al mestiere è semplicità, umiltà. “Chiunque si abbassa sarà innalzato”: per l’autore non esistono infatti lavori più prestigiosi e lavori insignificanti, ma lavori fatti bene e lavori fatti male.
Simonet sembra suggerire che, in una società della performance e competitiva come la nostra, non c’è bisogno di prendere un ascensore nella vita per essere felici.
“Io ho preso un descensore”
è il messaggio dello scrittore a cui piace giocare con le parole: ciò che si fa nella vita lo si deve fare in modo supremo e questa è la chiave della felicità.