di Filippo Bocci – Un viaggio al centro di noi stessi, giù fino in fondo, a spingerci verso ciò che non conosciamo – e che probabilmente non ci piacerà – scegliendo le parole che più che descriverlo, il viaggio, lo rendono possibile, lo veicolano. È solo un’istantanea de Le anime gemelle, l’ultimo romanzo di Emiliano Gucci, pubblicato da Feltrinelli.
In vacanza su un’isola, Fausto e Bianca provano a salvare un matrimonio stanco e scialbo e a ritrovare l’intesa perduta, ma il mondo di fuori chiama (gli implacabili telefonini), e Fausto deve tornare dal padre ma soprattutto dal fratello gemello Franco, che ne ha combinata un’altra – ma questa volta grave – delle sue.
“Forse quando eravamo proprio piccoli, quando ancora Franco non era specchio ma creatura consustanziale a me. Allora forse ero più libero, ero più io, perché già io eravamo due, ma uno”.
Due fratelli da sempre uguali in tutto, coattivamente inseparabili, ‘consustanziali’ appunto, ma l’uno posato e affidabile, l’altro impulsivo e imprevedibile.
Franco, dopo un rapporto sessuale consenziente, ha picchiato e forse stuprato una giovane ragazza norvegese ospite dell’agriturismo di famiglia. Chiamato in soccorso dal padre, Fausto si troverà a fronteggiare i fantasmi della sua vita schiacciata da responsabilità, doveri, sensi di colpa, e da un rapporto simbiotico con il gemello che, da rassicurante, diventa via via più alienante fino a sdoppiare la sua personalità. Mettendosi completamente in discussione, arriverà a smascherare quella parte di sé che mai avrebbe voluto scoprire.
“Le cose più terribili le abbiamo sempre vissute da separati: finché io e mio fratello siamo stati assieme non ci è mai successo niente”.
È così: finché Dr Jekyll e Mr Hyde si affrontano dentro di noi all’insaputa degli altri, la nostra esistenza scorre in un continuo scontro, ma intimo e spesso non rivelato nemmeno a noi stessi.
Però Eros e Thanatos, pulsioni di vita e di morte, di amore e odio, si affrontano nel subconscio di ognuno senza sosta, ed è opera della nostra coscienza di uomini educati alla civiltà negare che lo scontro sia sempre in atto e la vittoria di Thanatos sempre in agguato. Ecco perciò trovato il compromesso morale, lo sdoppiamento, la proiezione della pulsione distruttiva e criminale in un doppio inventato. Si sviluppa così l’artificio fantastico e letterario del personaggio specchio, il gemello tanto uguale a me da essere me e, insieme, la parte rinnegata di me.
Perciò Fausto riversa su Franco le vicende inconfessabili, e perfino a sé stesso inconfessate, che albergano nei suoi pensieri; perciò si procurerà con feroce tenacia la punizione inflitta da una donna così somigliante alla ragazza norvegese – e da tutte le donne oggetto del suo incosciente desiderio – che il fratello ha offeso.
E non è forse vero che in ogni essere, in natura, convivono cromosomi e umori maschili e femminili? Scopriremo così che anche che la moglie Bianca ha una sorella gemella, Azzurra, che però è il suo completo opposto. “Soltanto una di voi due sarà felice” – avevano predetto loro due sorelle albine, naturalmente gemelle. E il copione si ripete, speculare, per il loro rapporto: la pulsione autodistruttiva che troppo spesso interviene ad annientare successi, amori, fortune, imporrà a Bianca di distruggere l’equilibrio felice finalmente raggiunto dalla gemella-specchio di sé Azzurra. Fino alla contemporanea espiazione finale di Fausto e Bianca, nella battaglia tra le compresenti pulsioni vitali e (auto)distruttive.
E poi c’è un’altra chiave di lettura per questo complesso e affascinante libro: un’analisi che conduce al tema dell’omologazione cui tutti siamo sottoposti nella nostra epoca, che non è uguaglianza, parità, empatia, anzi è ostilità perché cela una competizione sfrenata.
Tutti siamo appiattiti su un unico modello di successo, di potere, di forza e dunque tanto più faticoso e conflittuale sarà trovare il punto in cui la singolarità di ognuno possa avere il suo riscatto. L’omologo per antonomasia è il gemello, per questo l’autore costruisce la storia di quattro gemelli, che riproducono nelle loro esistenze infelici la battaglia quotidiana di ognuno per sfuggire all’omologazione e conquistare la libertà:
“Dietro ogni angolo contavo di trovare una vita normale… una donna, i figli, una famiglia mia – la famiglia di un uomo senza doppio e senza paragone: sì ma tuo fratello di più, no ma tuo fratello di meno…”.
Ecco, Emiliano Gucci ci porta senza paura in questo ‘inferno’ pulsante pieno di echi letterari illustri, Moravia, con i suoi personaggi alienati e nevrotici, su tutti. E sembra troppo smaccata per non essere voluta la risonanza montaliana, là dove il male di vivere dei protagonisti si riversa nelle immagini di una natura che si ribella, la campagna brucia, e i pesci muoiono: “Intorno non c’erano che pesci morti. Centinaia, migliaia di pesci morti galleggiavano sul pelo dell’acqua e si spiaggiavano a riva, accalcandosi…”.

″”E forse starà a noi immaginare se Fausto riuscirà finalmente a fare il salto, ad aprire le porte (azzardiamo, un po’ bassaniane?) che lo lasciano regolarmente fuori, così come il telefonino fa da ipocrita diaframma alle nevrosi di Bianca.
Gucci costruisce per Fausto e Bianca (e i loro doppi) una sorta di “intracosmo ossessionato”, che esiste solo perché parto di una scrittura secca, nervosa, sgarbata, quasi violenta, che dà vita a personaggi veri, vivi, non in cerca d’autore.
Una storia piena, totale, che poteva essere scritta solo così.