(di Filippo Bocci) – Vivere, amare, conoscere. Il nostro essere più profondo e importante si interseca nella lettura e da essa prende linfa. Come diventare vivi è il titolo programma di un agile volumetto di Giuseppe Montesano per l’editore Bompiani (192 pagine, 10 euro). Perché i libri parlano di noi, del nostro sentire più intimo: “Non so come spiegartelo – scrive l’autore – ma leggendo le vite degli altri imparo a sentire la vita che mi manca, e in qualche maniera misteriosa forse imparo qualcosa sull’amore”. E ancora: “Non leggere vuol dire privarsi dei molti nomi dell’amore”.
Il primo, improrogabile invito che Montesano fa è mettere da parte sé stessi, smarrirsi. I “lettori selvaggi”, già protagonisti di un suo omonimo libro del 2016, iniziano ogni volta un viaggio all’interno della lettura “dove l’eccitazione per l’ignoto va di pari passo con la felicità del riconoscimento”.
La seduzione è abbandonarsi all’altro da sé, rifiutare noi stessi e le nostre passioni per smarrirci in vite diverse. È un atto di grande coraggio “imparare non solo a leggere per sé stessi, ma anche contro sé stessi: leggere contro il proprio Ego vuol dire ampliare la propria sensibilità, trovare zone misteriose che mai scopriremmo senza il viaggio in quei luoghi che aboliamo dicendo che sono estranei ‘ai miei gusti’”.

È la forza dell’accettazione della diversità nel molteplice, che sola può cambiare la nostra esistenza emotiva e la nostra conoscenza, sicché il lettore selvaggio può cominciare a vivere: “La lettura senza difese ci ha trasformato in qualcosa di nuovo, qualcosa di ricco e strano che nemmeno sospettavamo di poter essere”.
Perché nell’indistinto magma della moderna velocità e delle tuttologie abbiamo perso la capacità di scendere nel profondo delle cose, e tutto ciò che non è immediato e facilmente “leggibile” non è importante:
“è il gioco in cui l’appassionato del ‘dì la tua’ dice che le informazioni più complesse e quindi incomprensibili per il suo pensiero sono bugie, e che le informazioni più semplificate e quindi simili a ciò che lui crede di pensare sono verità”.
Ma non è questo forse lo specchio lucido e impietoso delle nostre società, dove non abbiamo più tempo a disposizione, dove le competenze e le capacità mentali vanno a perdersi, sostituite da una moderna tecnologia che certo ci semplifica la vita, ma semplificandola non può far altro che ridurla?
Ecco allora, racconta Montesano, che gli studenti non sanno più prendere appunti se non hanno il pc, che non serve loro a pensare e riassumere ciò che stanno ascoltando, ma ad essere connessi contemporaneamente su più piattaforme informatiche dove intanto chattano o giocano, o magari acquistano.
Chi di noi non si è imbattuto, nelle sale cinematografiche, in voraci, quanto inspiegabili, schiavi di smartphone, che nel buio magico dell’immaginario filmico ci “illuminano” con i loro browser di conoscenza?
Solo i grandi maestri, ci ricorda solenne Montesano, possono, raccontandoci storie, dare forma anche alla nostra, restituire senso alle parole
– senza nomi giusti le cose non sono le stesse – e con le parole afferrare l’inesprimibile: Dante ritorna su una sensazione essenziale, e per dire ciò che non si può dire dell’amore scrive parole a cui nulla si può aggiungere o togliere: “la bocca mi baciò tutto tremante”.
Un libro fondamentale allora, ma soprattutto urgente, perché si comincia a leggere per vivere, o meglio per diventare vivi.